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E' tra i parametri di valutazione (tra i più importanti) di un concorso -il Bocuse d'Or- che vale ll podio delle Olimpiadi della Cucina. Un aspetto -che vale per tutte le selezioni nazionali e poi per le finali- che pochi sono in grado di valutare, ma soprattutto di poter vedere. E' quello che accade in cucina prima e durante un servizio. La definizione corrisponde a Organizzazione e lavoro in cucina, e precede temporalmente le valutazioni relative alla presentazione e alla degustazione del piatto.
Il concorso inizierà e finirà in due giorni, mentre il ristorante di successo andrà avanti tutti i giorni dell'anno, con scarso riposo delle gambe e delle braccia degli interpreti della recitazione. La testa dello chef? Quella continuerà a lavorare, giorno e notte, alla ricerca dell'incompiuto, sia rappresentato da quel che ci sarà da fare da qui alla riapertura, o da quella là, quella stronza imprevedibile dai capelli rossi, mai conquistata.
Far linea, metter via, abbattitore, sottovuoto ... e poi partire, tirare le salse (eufemismo), per quando arriveranno le prime comande, quando la fiamma pilota lascerà spazio al grande fuoco che arde nel cuore della cucina, o alla gelida ma folgorante induzione.
Pulizia, maniera, stile, velocità, taglio, spreco, finiture al pass, eccessi di grasso in tegame, gestione dei rifiuti ... vedeste quanto cibo buono viene buttato ...
Quest'anno preferisco Hell's Kitchen a Master Chef. E non è la storia della volpe e l'uva, perché il risultato del questionario verbale era stato da 20 ventesimi, e il piatto era abbastanza originale. Quest'anno probabilmente cercavano più personaggi utili a far emergere i giudici invece del contrario. Legittimo, ma meno interessante sul lato tecnico.
Più vero (imho) Hell's Kitchen, nei limiti della quota percentuale di fiction. Quello che succede in cucina lo possono vedere in pochi, mentre così, senza eccessi e con moderato cinismo, qualche cosa in più è a disposizione di chi al ristorante vede solo il piatto finito, quando giunge al proprio tavolo
Più vero (imho) Hell's Kitchen, nei limiti della quota percentuale di fiction. Quello che succede in cucina lo possono vedere in pochi, mentre così, senza eccessi e con moderato cinismo, qualche cosa in più è a disposizione di chi al ristorante vede solo il piatto finito, quando giunge al proprio tavolo
Prenotare una "table du chef" ? Si, si può fare ma in realtà anche questa opzione nasconderà qualche magagna al cliente pagante. Meglio andare là dietro con loro, a combattere in 5 contro 50 per capire che anche uno sproporzionato Martini Montgomery buttato giù in un colpo secco non potrebbe bastare per uscirne con la testa da "la plonge".
E se quelli che continuano a dare i numeri avessero accesso al back stage? Al cliente normale non interessa, basta che stia bene, che mangi bene, beva in maniera congrua e paghi un conto accettabile. Diverso è il ruolo di chi si è attaccato al collo il pass di critico o di food blogger con diritto di voto, proprio quelli che sono stati "valutati" recentemente da un centinaio di giovani chef, su un noto blog gastronomico, dove la classifica romano centrica ha lasciato fuori due tra i dodici nominati, due che in maniera diversa fanno veramente critica più che divulgazione, e questo, essendo la classifica frutto della votazione di cuochi fa capire abbastanza chiaramente che cosa gradiscono - i cuochi - da parte dei giornalisti. Ben venga la comunicazione e la divulgazione delle loro eroiche gesta, ma occhio a criticare, solo per aver mangiato qualche piatto.