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Meno Pop e più Jazz da Davide Oldani

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gdf

Iniziai a scattare foto al ristorante in maniera compulsiva circa otto anni fa. Fu da Michel e Sebastien Bras, dalle parti di Laguiole, dove sono più bravi ad affilare coltelli. Quello fu uno dei miei pranzi più deludenti del nuovo millennio, dove le foto però uscirono benino, sicuramente meglio dei piatti. Preso dall'entusiasmo non smisi più di bloccare momenti istantanei gastrici, senza neppure alzarmi dalla sedia, in un numero tale di esemplari che ormai le cartelle sono diabetiche.

Sempre, e quasi ovunque, o comunque dove ne valeva la pena, salvo due casi: nel vecchio D'O di Davide Oldani e nel nuovo D'O di Davide Oldani. Preciso che non è proibito scattare foto nel nuovo e bellissimo locale dell'archichef, però a me piace rispettare le regole del gioco in casa d'altri, regole che lui non impone ma propone, e se una persona ti domanda una cortesia, gentilmente, garbatamente, perché non accondiscendere.

Per lo scopo -le non foto- ha perfino disegnato una sedia-poltrona con ripostiglio per borse, borsoni, borsette e cartelle giusto sotto la rigida ma comodissima seduta in legno. Le immagini me le manderà, per essere utilizzate altrove, ma l'armadillo ha esigenze diverse, con o senza immagini lui mangia quasi tutti i giorni.

Mi auguro che anche l'armadillo riesca a trovare un tavolo nel nuovo D'O, ma solo a partire da settembre, perché la riapertura del locale di San Pietro all'Olmo è condizionata dall'apertura avvenuta a metà giugno e dalla chiusura estiva, dal 15 luglio.

Si, ma come si mangia al nuovo D'O ? Nelle recensioni, nel tempo in cui non si usava allegare immagini, si cercava un po' tutti di rappresentare con precisione il minimo dettaglio. Tornare indietro non è facile, quindi tanto vale ritrovare subito la sintesi e dichiarare pubblicamente che in questo ristorante si mangia benissimo.

Meno POP e più JAZZ. Meno dolcezze e più acidità, distribuite ovunque, come è giusto che sia e come non mi stuferò mai di predicare ai guru del sucrè salè. Inutile descrivere fedelmente un piatto o l'altro. Ne ho assaggiati una dozzina, senza una sola delusione. Ecco, anche oggi non avremo una recensione negativa sul web.

Beh, però forse al capitolo dessert qualche cosa da migliorare ci sarebbe. Dettagli. Il resto appartiene al campo minato delle scelte, avendo per ora messo in stand by gli amuse bouche e decidendo di servire il pane -di una sola tipologia ma straordinario- solo con il piatto principale. Mi rendo conto di non averne sentito il bisogno, se no l'avrei richiesto, e ovviamente me l'avrebbero portato.

Cucina leggera, fresca profumata e colorata, che spazia a periscopio ovunque lo sguardo e l'immaginazione possa arrivare. Nessun accostamento azzardato, tanto buon senso in un equilibrio tutt'altro che precario. Piatti sicuramente pensati a lungo, che rispetto al passato si rivelano più profondi proprio grazie all'inserimento di una nota acida pressoché ovunque.

Cucina grande, di aspetto e di sostanza. Cucina a vista, cucina a naso, ma che non puzza. Cucina servita per una settantina di coperti a servizio. Cucina che rimane POP nel prezzo (32 euro il piccolo menù), ma che diventa JAZZ nel menù ARMONIA ( 6 piatti x 75 euro) che ho provato interamente senza pesantezze (più un paio di extra). Alla carta difficile andare oltre i 60/7o euro.

Servizio impeccabile, cantina ( 400 etichette a partire da 20 euro ) servita su tablet. Tecnologia e design ovunque. Originalità, stile, finezza, leggerezza. Tutto alla luce del sole, in attesa di una logica conseguenza, una seconda stella, magari non subito ma presto.

gdf


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