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Tano passami l'origano

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Una prima scossa gelida ha anestetizzato il naso del nord, bloccando contemporaneamente il processo vegetativo di moltissime piante, che non vedevano l'ora arrivasse -il freddo- per riposarsi qualche mese, ma è invece da più di qualche mese che una varietà di pianta non settentrionale è scomparsa dalle cucine e dai piani di lavoro delle pizzerie del nord Italia: l'origano.

L'ho fatto notare a Gaetano, detto "Tano il Campano", ma che non ha saputo darmi spiegazioni, se non una, che traduco dal salernitano all'italiano : "dopo dieci volte che mi dicono "senza origano" mi sono rotto i co@lioni e allora non lo metto più su nessuna pizza. Punto e basta. Perché non lo digeriscono ... perchè è di più, perchè è superfluo..."

Il caso di Tano e dei suoi clienti con la papille interrotte e lo stomaco impedito non è purtroppo isolato, e così dopo l'ultimo giro pizza composto da sei diverse pizze classiche in locale VPN senza origano NON me ne sono fatto una ragione, nel senso che d'ora in poi le mie specifiche le metterò sempre ben in chiaro. Così imparano: ci vorranno dieci minuti in più per ogni comanda.

Sostanzialmente i comandamenti sono tre:

A) Sulla pizza voglio mozzarella di bufala di Cuneo, perché più soda e non perché sia fanatico della bufala tout court, quanto perché l'altra mozzarella -nove su dieci- si rivela poi essere quella poltiglia tritata di fior di latte di dubbia origine e qualità, quella che crea quell'effetto Spizzico. Se no va bene anche la bufala campana, anche se non sempre garantita, garantita di essere fresca piuttosto che frutto di lavorazione di latte congelato, ma per lo meno integra nella forma, e più saporita di gusto .

B) Sulla pizza voglio l'origano. Su quasi tutte, tranne la margherita, dove esigo il basilico fresco, e non una sola fogliolina messa alla fine, ne voglio almeno sei, ma messe prima, meglio se appena unte d'olio, così non bruciano nel breve tempo che la pizza passa in forno.

L'origano lo voglio ovunque sulle altre "rosse", e anche in quantità congrua, visto che normalmente sa di poco. Certo, quello calabrese, -quello a mazzetti- che uso in casa è un'altra cosa, ma in mancanza di quello mi va bene anche un origano che sia un pochino meglio del fieno, e di quello ce ne vuole un po' di più per profumare di buono una pizza.

C) Non voglio nulla di crudo sulla pizza. Questa moda di metterci sopra prosciutto crudo, speck e affettati di ogni genere in uscita dal forno non mi è mai piaciuta, ma anche questa mania non cessa di rovinare una vera pizza, dove gli ingredienti si devono fondere armonicamente o per contrasto durante la cottura, non dopo. L'altro giorno pure le scaglie di parmigiano ci hanno messo sopra a crudo, insieme al salame piccante -pure lui a crudo- e senza origano. Una solenne merdaccia. Il pesto si, quello va in uscita, a gocce.

Ma porca la decenza, ma è possibile che ogni italiano ha una specifica per il caffè ma davanti ad una pizza si ammutolisce e mangia? Comunque. 

Com'era? Anzi, come dovrebbe essere:  Arriva 'a pizza e iesce sole? 

Questo non sono riuscito a tradurlo.

Tano, la prosciutto e funghi oggi me la devi fare così: poca salsa di pomodoro San Marzano, mozzarella di bufala di Cuneo, fettine di porcini Alto Atesini sott'olio  e spalla cotta di San Secondo a ciuffetti. E origano calabrese! A pioggia! E tutto in cottura. In uscita, per cortesia, passaci sopra un giro di olio buono, Pianogrillo se possibile, e basta. Grazie, e se me la tagli con la rotella in sei spicchi do la mancia alla cameriera ...

Se cercate un lavoro più gratificante abbondate di origano e abbandonate l'account linkedin, quello si, sicuramente inutile più che superfluo


gdf

KOTA RADJA

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Marco 50&50


Riflessi&Riflessioni di Novembre sul Naviglio

Entro da Supino.
Desidera...
Vorrei un paio dei vostri mitici cannoncini
Non ne abbiamo
Sono passati trent'anni e non è cambiato nulla, le dico, più rassegnato che stizzito.
Lascio il profumo inebriante di alta pasticceria all'antipaticissima proprietaria prigioniera dei suoi cliché che non credo funzionino più nemmeno con le "sciurette" della nuova borghesia milanese e m'incammino verso un altro ricordo trentennale sperando che parli la mia stessa lingua.


Ingresso


La sobria ed accogliente saletta con vista su Piazzale Baracca


L'anonimo diffusore di lume di candela


Toast di gamberi, qualcosa di fritto per iniziare, as usual


Miefang Kota Radja, a base di spaghetti di soia con verdure, gamberoni fritti, maiale in agrodolce, spiedino di pollo in salsa di arachidi, maiale in salsa agro piccante, crauti con l'ingrato compito di sgrassare,  pollo in salsa piccante

Gentilezza, cortesia, disponibilità, ambiente accogliente ed estremamente pulito, prezzi modici, a pranzo ci sono un paio di menù che, a parità di costo, vincono la sfida milanese con il gioco di equilibrismo in verticale da bar, un panino in una mano, una birra nell'altra.
Uno dei cinesi che resistono da anni, gli abiti non necessitano di passaggio in lavanderia a meno che non ci si lasci prendere dalla foga con le varie salse a disposizione.
L'ambiente silenzioso, i tavoli ben distanziati, la musica in sottofondo, invitano al dialogo e a prolungare la sosta ai box, che si tratti di una pausa lavorativa o del pranzo di un perdigiorno poco importa.
A pranzo non si paga il coperto, eppure tovaglia e tovaglioli non sono di carta, non è necessario spintonarsi per poter ordinare un caffè al bancone del bar, basterà chiederne uno al premuroso cameriere naturalizzato milanese ma Corso Magenta è davvero dietro l'angolo, come i ricordi trentennali...il caffè targato 20112015 lo prenderò da Biffi.

M 50&50

Sabato, domenica e lunedì a Milano ... via Tortona 32

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C.S.
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Sabato 28 Novembre: ore 16 – 22 Domenica 29 Novembre: ore 11 – 19 Lunedi 30 Novembre: ore 10-17

Mancano ormai pochi giorni a Cooking for Art Milano:l’eventoorganizzato da Luigi Cremona e Witaly che coinvolge migliori alberghi, i migliorChef e le aziende vinicole ed agroalimentari del territorio. Prodotti ed eccellenze italiane ma non solo: nel Temporary Restaurant si susseguiranno, nelle giornate di sabato, domenica e lunedì gli Chef di:Terre di Aristeo, Unione Comuni Alta Ossola, Ambasciata della Bolivia e Pasta De Cecco. In questo spazio verranno proposte ricette per l’assaggio al pubblico preparate da diversi Chef di valore indiscusso.

Nelle giornate di Sabato e Domenica ci saranno le qualificazioni del Concorso Chef Emergente Nord d’Italia 2016,dove i protagonisti saranno 20 giovani Chef. A concorrere per la Lombardia:  Edoardo Fumagalli - Locanda del Notaio, Luca Capellari – Essenza, Dario Guidi - l'Antica Osteria Magenes, Francesco Coppola - 28 posti, Davide Caranchini - Casa Santo Stefano; per il Piemonte: Cristian Pirelli - Ristorante EOS, Marcello Tiboni - Locanda Walser Schtuba, Tommaso Roberto - La locanda del Borgo, Stefano Sforza - Gemma di Rosa; per la Liguria: Cosimo Bunicelli - Agrigourmet Intatto; per l’Emilia Romagna: Pietro Montanari - Ristorante Cesoia; per il Veneto: Silvia Moro - Ristorante Aldo Moro, Francesco Brutto - Undicesimo Vineria, Marco Volpin -  Le Tentazioni, Luca Borrelli – Revolution, Federico Belluco - Dopolavoro Dining Room, Michael Silhavi - Osteria Ponte Pietra, Luca de Biasi - Vecchia Malcesine; per il Trentino Alto Adige: Jorg Giubbani - La Stüa de Michil; per il Friuli Venezia Giulia: Carlo Nappo –La Catina.Tra questi giovani Chef solo 4 saranno i finalisti che Lunedì 30 novembre  gareggeranno per il Premio Miglior Chef Emergente d’Italia 2016.

In concomitanza ci sarà il Concorso Pizza Chef emergente Nord d’Italia 2016: Sabato saranno previste le qualificazioni che vedranno in gara 13 giovani pizzaioli del Nord d’Italia, mentre Domenica si svolgerà la Finale dove 6 di questi giovani pizzaioli gareggeranno per conquistarsi il titolo di Miglior Pizza Chef Emergente Nord d’Italia 2016.

I pizzaioli in gara saranno: Giulio Rega - Santa Lucia, Alessio Rovetta         - Pizzeria dei 7 Ponti, Marco Borriello - Pizzeria Italia 78, Luca Prosperi - L'Alambicco, Antonio Lentini - Da Loris, Vittorio Astorino - La Favola Mia (in apertura), Matteo Moretti - Ristorante Pizzeria Lo Scalo, Luca Bedin - Luca's Pizza, Matteo Finazzi - Pizzeria Brian, Diego Fiorenzano- Un posto al sole, Matteo Pellizzer – Grigoris, Gianni Di Lella - La Bufala, IndritHaraciu – o’Fiore Mio.

Inoltre, il giorno lunedì 30 Novembre sarà dedicato all’eccellenza della pizza italiana; a Pizza Chef di fama nazionale è stato chiesto di realizzare delle degustazioni per il pubblico visitatore. I protagonisti saranno: Paolino Bucca–NazionaleItaliana Pizzaioli, Leone Coppola-Vecchio Ottocento, Graziano Bertuzzo-Pizzeria Brian e Scuola Italiana Pizzaioli, Danilo Pagano- Nazionale Acrobati Pizzaioli (SNAP) e  Scuola Italiana Pizzaioli, Angelo Silvestrini-Nuovo Ronche.


A completare il programma della manifestazione ricordiamo la presentazione della Guida Touring Alberghi e Ristoranti D’Italia 2016 e la premiazione delle strutture in Guida. Sarà presente uno spazio dedicato alla Guida Vinibuoni d’Italia 2016,Touring Editore. "

Origano selvatico

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Marco 50&50

Calabrese o siciliano, ne senti la mancanza, probabilmente lo usi anche come repellente per formiche, è comprensibile, in fondo ti capisco, sul mio personale podio c’è una rossa con capperi che guarda quasi tutte le altre dall’alto della sua lievitazione, il salto di qualità è dato  dal profumo inebriante e stimolante dell’erba aromatica più utilizzata nella cucina mediterranea e nelle cucine di tante casalinghe disperate e non che da Trieste in giù, passando per Voghera, cospargono le loro pizze di Origanum vulgare.

Insaporire un’insalata di pomodori aumentandone paradossalmente la sapidità pur diminuendo il consumo di sale, preparare una pizzaiola il cui profumo spargendosi mette fame e allegria e quando vien la sera, magari al chiar di luna, la caprese potrebbe trovare nuovo sprint condita con un filo  o due di extravergine e spolverizzata di origano, insomma, s’allunga il conto e l’affare s’ingrossa, anche perché la pianta ha anche notevoli proprietà cosmetiche e, soprattutto, medicinali, è conosciuta infatti anche col nome di “erba del buon umore”, sembra funga da antidoto contro il nero nell’anima…

Questa pianta perenne , che può anche essere coltivata, cresce spontanea e, spontaneamente, evita di farlo in pianura padana, sarà per questo che qui, tra la nebbia, l’apprezziamo maggiormente, la mancanza di disponibilità aumenta il desiderio, convivere con una velina spingerà l’uomo verso passioni culinarie…

Tra allusioni e allegoria il passo è breve, rimanendo nel tema, c’è spazio luogo e tempo per un madrigale condivisibile…

Gabriele D’Annunzio – Alcyone - Madrigali dell’estate – A mezzodì

A mezzodì scopersi tra le canne
del Motrone argiglioso l’aspra ninfa
nericiglia, sorella di Siringa.
L’ebbi su’ miei ginocchi di silvano;
e nella sua saliva amarulenta
assaporai l’orìgano e la menta.
Per entro al rombo della nostra ardenza
udimmo crepitar sopra le canne
pioggia d’agosto calda come sangue.
Fremere udimmo nelle arsicce crete
le mille bocche della nostra sete.

…sembra passato un secolo, in realtà qualcosa in più, “A mezzodì” è datata primi del novecento, l’esperienza erotica tra le canne (da intendersi giunchi) regala rime baciate (e quali altrimenti) di grande spessore, da una consolle immaginaria arrivano versi ritmati e suoni, più che parole, richiami latini e classici giocano con i sensi, svelando una passione sensuale condita d’origano.

M 50&50


Il venerdì del Dj: Aoc Champagne Cépages Blancs Extra Brut 2006 Fleury

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La Maison già la straconosci, giacchè diversi prodotti sono transitati su queste pagine.

Non più di cinque mila bottiglie per questo 100% Chardonnay.
Non meno di sei anni sui lieviti, bouchon liège, oltre 1 anno di sboccatura.
Che sia la bacca bianca la senti e la identifichi, nondimeno, non la collochi su, a nord, nella Costa dei Bianchi. Infatti.
Infatti siamo a sud, nell’Aube.

Il perlageè davvero fine, con un naso subito espressivo e brillante: molta frutta fresca - esotica, agrumi, susina e mela cotogna – e secca – mandorla e nocciola - erbe aromatiche e leggeri toni biscottati. Inizialmente contratto quanto a mineralità e speziatura, dimostrerà tutto il suo valore e la sua dimensione, giusto liberato il collo del flacone.

Effervescenza finissima e tanta roba, di cesello e nitore, anche in bocca.

Armonie di frutta e folate speziate, verticalità, fine struttura e freschezza, sono espressione di un equilibrio al di là delle attese. Sorso ininterrottamente teso e dinamico, lunghissimo, su note finali, amarognole, di spezie e pietra focaia.

Il sabato del guardiano : " mi consigli un vino francese che fa ca@are? "

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La domanda, messa giù così, sembrerebbe eccessivamente interrogativa, diretta oltre che snob, ma in origine la questione fu proprio questa, trasformata poi in un lessico più elegante: " sto vivendo un momento stipsico della mia vita enoillogica: mi daresti l'indicazione certa per raggiungere un vino francese eccezionale e che abbia nel contempo effetti lassativi? Ma proprio nel senso fisico, non metaforico."

Oltraggiare il mito dei grandi vini francesi domandandosi se esistono vini lassativi? Hai voglia, te li godersti anche mentre li espelli di vescica, e alcuni più di altri, e non solo quelli che provocano effetto metaforico, anche quelli che più fanno cagare fisicamente, o fisiologicamente, non importa; l'importante, come in ogni atto, é arrivare alla conclusione.

Meccanismo idraulico in testa. Un Borgogna? vendemmiato, vinificato, imbottigliato, bevuto e pisciato in 18 mesi.

Però quelli che provocano l'effetto intestinanale finale e definitivo non sono molti, mentre quelli che lo stimolano mentalmente, mille volte di più, provocando però stipsi già dal medio periodo dall'assunzione frequente. Quindi eviterei accuratamente i bordolesi occlusivi se già avete avuto problemi vostri per espellere corpi estranei agli europei.

Normalmente sono i biodinamici quelli liberatori -più i rossi- perché hanno un'anima antociana dentro, quella che vuole ritornare in fretta nel mondo dei vivi, quella che dopo l'ingestione vuole immediatamente ri-uscire liberamente all'aria, per ribadire, ancora una volta la propria fibra, sperando di esser finalmente compresi, tesi poco, molli si, pronti ad ossigenarsi ed idratarsi subito, fosse pure attraverso lo sciacquone. Lo stallatico, prima e dopo. 

Come disse una sommelier non golosa alla sua piccola. Sai, sei carina, e pensa che stavo per ingoiarti sotto forma diversa.

Un tubo condominiale, un depuratore, un torrente o un mare gli ridarà vita una volta che la propria anima ripulita dallo stallatico tornerà sulla terra. Un'anima autoctona, resa vitale sotto forma di lievito spontaneo o di liquido concimatorio, ad alimentare un nuovo spirito pied de cuve dentro un vigneto.

Quella volta, lui stava proprio steso, a letto, e così, invece di un clistere di Faugéres o di Cahors consigliai addirittura un grande Bourgogne rosso di Dugat Py per via orale; non me ne voglia la signora, ma mi sembrava così di andar sul sicuro, io che non riuscivo a finire una boccia in 45 minuti senza passarne 15 sulla tazza, potendone quindi bere 2 guardando una partita di calcio della nazionale di Conte.

Tutta quella concentrazione di materia non poteva essere contenuta a lungo nei visceri; da qualche parte se ne doveva pure andare. Emozione, sensiblità, sesso, prostata, fibre, alcol, glicerina ... bha, tante domande ma una sola risposta; tutto insieme andava. 100 euro subito finiti nel cesso, nel pieno senso della filosofia dell'effimero, ma dell'effetto secondario che non lo è per nulla.


Noti sono anche gli effetti positivi del limone sull'intestino, specie se preso al mattino con un poco di acqua calda. A questo punto però, invece di strizzare limoni e scaldare l'acqua calcarea del rubinetto tanto vale farsi un bicchiere di citrico Muscadet della Loira a temperatura ambiente, meglio se accompagnato dal suo abbinamento d'elezione, l'ostrica, però non fresca, meglio se aperta da qualche giorno, per godere al massimo dell'effetto sull'intestino della carica batterica. Non secondario anche l'effetto diuretico. Due effetti con un solo prodotto, manco in farmacia lo trovi, e senza effetti secondari.

A caro prezzo ma ad esito garantito ci sarebbero a disposizione anche i grandi vini del Rodano, in dettaglio dalle parti della denominazione Cote Rotie, dove insieme ad alcol e glicerina troveremo le note pepate del Syrah, che è vero che irrita l'intestino sensibile, ma che nelle annate più calde sarà sopraffatto dal tipico sentore -evocativo- di prugne cotte e membri afflosciati; un abbinamento musicale?

Qui ci vorrebbe Hazel. 

Coldplay?

gdf

L'agnello scozzese e il maiale toscano

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Caro Ivano, Cara Elisa, l'anno 2015 va a finire, e come in ogni termine di periodo, viene il momento di tirare le somme, guardare i risultati e decidere che fare nel prossimo futuro. Nonostante questi pensieri in mente, non può passare inosservato questo devastante menù iper-proteico imbastito e cucitoci addosso da The Cook, dove tra un agnello scozzese ed un maiale toscano ci si è infilato anche un maldestro pollastro genovese, buono per ravvivare una batteria di Borgogna rossi utili per la didattica. Dalla teoria che attraverso la pratica ci conduce a dare spessore ad il nostro bagaglio di informazioni, quelle informazioni che contribuiscono a creare quella condizione mentale in continua evoluzione, quella cosa che si chiama esperienza, spesso confermata, ma che a volte va aggiornata


Menù ricco, neppure tutto documentato in questo breve album di foto ricordo da fine anno, da inserire in questo blog come pro memoria, come si fa nelle lacrimose giornate fredde di fine anno, quando si decide quali immagini ricordare e mettere nel cassetto dei ricordi e cosa cestinare.  Qui, da cestinare restano alcune foto inguardabili, che farebbero sfigurare il lavoro di Ivano in cucina e di Elisa in sala. 


Una crema di patate con cotenna di maiale croccante, il bouquet di frittura. gamberi rosa, salvia, zucchina, carota e deliziosa crocchetta di baccalà mantecato. Un assaggio di petto d'anatra fumè, per riposizionare il timone in una direzione che per una volta si scosti dal mare e possa dare appoggio ai pinot noir di annate più o meno recenti, più o meno in forma, tutti provenienti dal magico comune di Gevrey Chambertin.




Una riuscita variazione d'agnello, un filetto di maiale panato con salsa speziata ai cachi. Tagliatelle verdi al ragù di salsiccia, e poi, all'improvviso, un bbq di maiale con purè a la Robuchon. Il primo freddo invoglia a proseguire in una sorta di Wellington (senza immagine) e su una selezione di formaggi d'autore culminati con un sorpendente gelato di gorgonzola  noci con pere fresche ...





Piiivini, come  diceva la Gerini a Verdone, il più verdone si conferma il testimonial del giorno dell'annata 2007, che insieme alla 2004 resta la peggiore da quando gli pterodattili si stancarono di volare sulle Abbazzie dei Cistercensi. Neppure Bernard Dugat ce la poteva fare ad uscirne senza tracce evidenti di tè verde su un tessuto marcato da radici di genziana e troppo poco frutto. 

Molto serioso il Clos de Bèze 2006 di Bruno Clair, che ammicca al naso con le sue note di cioccolato bianco, ma che si rivolge al palato esibendo tannini fini ma talmente fitti da saturare il cavo orale. Il blend comunale di Denis Mortet 2005, opera ultima, ci dice che questa grande annata non aveva neppure bisogno di tutta questa concentrazione per far vini buoni o ottimi, da bere con piacere subito ed in seguito consolidandone le sensazioni, mantenendo le posizioni più elevate, ma solo una volta superato il famoso periodo di chiusura intermedio; questo per la migliore annata borgognona en rouge dal 1978.

L'altro Clos de Bèze, in magnum è stato l'opera unica di Philippe Pacalet nell'altra magica annata recente, la 2009. Un ricamo, un merletto, un campione di finezza che non avrà ne' repliche ne' riproduzioni. Le ultime buone annate in Borgogna in tema di rossi sono state quelle pari: 2010 - 2012 - 2014, e così i fratelli Rossignol Trapet, che subiscono Gandhianamente ogni annata, non potevano certo sbagliare nella favorevole 2010, per giunta su un terroir d'eccezione come è Latricières Chambertin, delizioso quanto rarefatto.

Nel complesso tutto abbastanza confortevole per affrontare con pacata malinconia il periodo più triste dell'anno, da qui al 31, con nel mezzo altre giornate consolatorie come queste.


The Cook

... stay tuned...


Luna in brodo di giuggiole

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M 50&50


Quando ho saputo che saremmo andati a pranzo ad Alessandria, all’Osteria della luna in brodo, un bel locale in pieno centro storico, in zona pedonale, ho sperato di poter utilizzare il titolo “la luna in brodo di giuggiole” che ho voluto, comunque, dare a questo post.

Già nel 1612, nel Vocabolario degli Accademici della Crusca, troviamo quest’antica espressione di provenienza toscana, andare in brodo di giuggiole, che in senso figurato significa andare in sollucchero, uscire quasi di sé dalla contentezza, purtroppo, però, Domenica ventinove, non è stata proprio questa la mia sensazione, o per lo meno, non mi sembra giusto usarla per identificare tutto il percorso enogastronomico, forse, chiari di luna, avrebbe potuto essere più appropriato, ma non corretto fino in fondo, perché, in fondo, in questa Osteria ci sono stato bene, il fatto che abbia gradito più i piatti freddi, in apertura e quello di formaggi in chiusura, piuttosto che primi e secondi caldi che non mi hanno “scaldato” può essere un mio limite, il limite che in Piemonte rischia di essere una costante, partono bene, poi il calo fisiologico su primi e secondi e, a raddrizzare, i formaggi, in fondo si parte bene e bene si chiude, peggio sarebbe il contrario…

I formaggi, ben presentati e ben accompagnati, sono la soluzione ottimale per chiudere al meglio un degustazione ad euro venticinque che, oltre ad una barbera scaraffata, comprende svariati antipasti, un bis di primi piatti, un piatto di carne (o, meglio, uno di formaggi) ed un dolce.

La luna in brodo di giuggiole quindi, per accoglienza, servizio e disponibilità, per la gradevolezza degli ambienti colorati e ben illuminati, per la collocazione dei tavoli, ben distanziati e armoniosamente apparecchiati, per la carta dei vini dai prezzi accessibili, per le gradite bollicine in versione rosè e per la proposta degustazione ad un prezzo invitante e concorrenziale.

Il tutto esaurito nel locale è un’ulteriore conferma della validità dell’offerta che a mio parere si fonda su due pilastri imprescindibili di un’autentica trattoria piemontese, l’offerta degli antipasti freddi, arricchita da buoni salumi e da un buon cestino del pane e, soprattutto, da due carrelli dei formaggi, che, assieme a qualche buona bottiglia, valgono comunque il viaggio e danno un valido motivo per ritornare…e se il bonet sembra più un tortino al cioccolato che non entusiasma, per onestà intellettuale bisogna ricordarsi e ricordare a chi legge che per un buon cioccolato non si deve cercare di fare una spesa modica ma la spesa a Modica.

Il fatto che non sia stato necessario optare per una contrattura delle scelte in carta per potersi concedere qualche strappo allo regola in termini di scelte liquide siano esse bollicine, rossi o distillati è, di per sé, cosa buona e giusta, inusuale e gradita, torneremo, magari in pieno inverno, ordineremo un brodo, di giuggiole…e aspetteremo fiduciosi il tuffo della luna.

M 50&50


il salame del Giarolo

Culatello

Sant'Ilario

Peperoni e acciughe al verde

Tacchino farcito

Insalata russa

Agnolotti al ragù e rabaton mandrogni

Spaghetto ai carciofi

Un riassunto dai due carelli dei formaggi

Brasato

Millefoglie

Bonet


M50&50

Due passi nel Lecchese

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di Fabrizio Nobili

Da queste parti “due passi nel lecchese” ha il significato principale di fare una gita a piedi (Hiking) su e giù per le prealpi in località facilmente accessibili che spesso conducono a monasteri o chiesette comunque dedicate a qualche Santo: San Pietro in monte, San Tomaso, San Martino o San Calimero.

Per i credenti nella fede cristiana e per i golosi invece c’è San Gerolamo a Vercurago. Non che le due cose abbiano molto in comune se non che per andare da San Gerolamo si debba attraversare una stretta strada nel la parte alta del paese e passare dinnanzi all’Hotel San Gerolamo situato a destra ed al bistrot “Du pass” di fronte sulla sinistra.

Proprio questa è la nostra meta del raro pranzo domenicale lontano dai trekking, dalle sciate e dalle arrampicate. La definizione di gastro-pizzeria e braceria rende bene l’idea, il raccolto locale è rustico con muri a pietra e la stufa a legna accesa, alle pareti specchi e quadretti ad arredare l’ambiante con luci basse.

Ci viene data l’informazione di poter ordinare anche i piatti del ristorante principale e quindi non perdiamo l’occasione di riassaggiare dopo parecchio tempo la cucina dello chef Luca Dell’Orto. Sperando di non avergli creato troppo disturbo visto che forse eravamo gli unici ad aver optato per questa scelta.

pane di lievito madre, salame

Una parola sull’impasto da 50 ore di lievitazione per le pizze gourmet va spesa a favore anche se non ne abbiamo assaggiato è stato sufficiente vederle dal vivo per capire la qualità dell’impasto e delle materie prime (signora al tavolo accanto: se insiste per tre volte a chiedere abbondante basilico fresco sulla sua pizza prima farebbe bene a guardare il calendario o quantomeno informarsi in quale stagione siamo).

...uovo colante , latte di baccalà, speck...

Al San Gerolamo c’è una bella cantina di vini e quindi non ci lasciamo scappare l’occasione di bere un paio di entry level di grandi produttori borgognoni quali sono Roulot e la fu M.me Leflaive.
Per iniziare un ottimo salame morbido appoggiato su del pane a pasta madre  preparato con diverse farine ed a seguire un goloso uovo colate in latte di baccalà e speck ed un’ altrettanto invitante assaggio di zuppa di cipolle al pane di segale. 

 zuppa di cipolle, pane di segale

l piatto che più spicca per godereccia golosità è la pasta al ragù di capriolo, come vedere un bambino che fa i salti sul lettone di mamma e papà. A seguire un’altrettanto interessante gallina ripiena in salsa dolceforte e caffè e un ottimo baccalà mantecato. Purtroppo la spazio per i dessert era finito, sarà per la prossima volta.

...spaghetti, ragù di capriolo e nocciole...


Un plauso allo chef che spicca nei confronti della concorrenza nel raggio di diversi chilometri.

...gallina ripiena, foie gras, verze...

baccalà mantecato


F.N.

Quelli dell'ora di pranzo

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Jazz a ore 12.00 . Farei una guida dedicata solo a loro ci fossero i mezzi economici per stamparla e quelli di trasporto per arrivarci, da uno all'altro, tanto sono distanti tra di loro; solo per quelli che aprono come un tempo solo all'ora di pranzo e la sera si fanno i cz loro a casa propria, o vanno in giro, a cena da quelli che aprono solo alla sera.

Qui - so di ripetermi- si va solo a pranzo, e salvo accordi, si mangia solo alla carta. Agli intrattenimenti e ai complementi - che arriveranno comunque- ci penseranno Santino e Romina, che con due nomi tanto originali e rari non potevano certo inventarsi una situazione banale.

Sembra un bar, si autodefinisce in insegna addirittura "Latteria", ma in realtà è un piccolo scrigno gastronomico ben nascosto, ma ormai scoperto o riscoperto da alcune guide che non si fermano alle apparenze.

Un lungo bancone laccato rosso, un pubblico policromo ed eterogeneo intento a consumare un cappuccino, un latte caldo, una brioche, un caffè, un bicchiere di bollicine, due fette di slinzega o un toast. Dietro, una saletta abile ad accogliere non più di 15 coperti ed una cucina dove il one woman show si declina piacevolmente su temi assai concreti.

Una decina di piatti che potrebbero essere tutti intesi come piatti unici, e che qui figurano in dimensioni ridotte per venire incontro ad una settimana assai intensa e gravosa per i miei visceri e per il mio giro vita ... ma che vita é ?

E' una vita complicata, piena di problemi e di difficoltà da affrontare ogni giorno dopo aver subito le molestie mentali notturne, ma che all'ora di pranzo si risolvono all'interno di luoghi come questo, dove nascondersi per qualche ora, nel retro di un Bar Latteria ... più o meno ...

Aperitivo d'Oltrepo al banco bar con gnocco fritto, gelato al formaggio e slinzega dalla Valtellina

La saletta defilata ... che nasconde la piccola cucina





Romina minimizza il reparto panetteria completato da fili di burro della Valsesia, olio abruzzese e sale rosso dell'Himalaya

Romina, non solo bravissima cuciniera

Ancestrale, risveglia ricordi infantili


Come un Carasau di spaghetti di burro d'alpeggio della Valsesia con sale rosa, non del Monte Rosa ma dell'Himalaya

Anatra, mela e verza con germogli. Crocchetta al forno di baccalà mantecato, purè di barbabietola. Fuori fuoco la trota in carpione di pinot noir ...

Vale la deviazione il risotto all'Earl Grey e foie gras al burro ... ricamo di zucca

Vigoroso rognone alla senape, purè di patate e spinaci 

Un corposo ma non saturante brasato su polenta -giustamente grezza- con radici e tuberi


Vizi privati per far tardi

Cremoso sorbetto ai fichi d'india

Zuppa inglese e tortino di cioccolato e castagne, e altro ...










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La cucina estetica di Marco Visciola a Il Marin di Genova in 16 assaggi

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del Guardiano del Faro

Marco Visciola

Il termine "Chef" o capo cucina che dir si voglia stavolta non rappresenta un abuso lessicale ma identifica un ruolo evidente, perché qui esiste una brigata di cucina formata da almeno cinque impiegati, commis e aiutanti ben assortiti che sanno coprire ogni ruolo, coordinati e "comandati" silenziosamente dal bravo Marco, progressivamente sganciatosi dal passato, quando condivideva con il collega Enrico Panero questa cucina cristallina.

Vetro, tanto vetro; e poi marmo, ceramica e plexiglass. Si direbbe freddo come ambiente, ed invece, pur arrivando a pranzo in due, la convivialità si è progressivamente allargata, così come il tavolo, dandomi così modo di assaggiare un numero di piatti imbarazzante, se non fosse per la leggerezza e la bellezza dei medesimi. 

Assaggiare 16 piatti di cucina evoluta non è come fare un giro pizza con sei amici, specie se reduce dalle finali del Concorso Emergente, dove giovani leoni come Marco -che pure partecipo'- , hanno dimostrato quale progressi sono stati in grado di fare molti ragazzi cresciuti in ambienti propizi, e nel giro di pochissimi anni.

Farlo con cuochi professionisti di alta gamma è ancora -mentalmente- più contorto e macchinoso, perché loro ragionano in maniera diversa. Me ne sono accorto appena due giorni prima di questo, quando una giuria fitta di cuochi con le palle mi hanno convinto che noi che scriviamo di loro, ragioniamo diversamente. Pensieri e dubbi mi assalgono.


Questo ambiente, se non sei pronto a tutto, può nascondere qualche trabocchetto anche per il giovane chef, perché diventa oggettivamente inverosimile prevedere che tipologia di cliente possa arrivare, giorno dopo giorno, servizio dopo servizio.

Il sentiero scelto da Marco è piuttosto complesso, quindi temibile, perché non volendo rinunciare alla sua raffinata "verve" estetica e concettuale applicata al piatto, neppure può sopprimere sommariamente alcuni classici della cucina ligure, sia pure eseguiti minuziosamente e presentati in forma assai aggraziata.

I risultati sono mediamente buoni o molto buoni (imho), anche se alla fine, i piatti che rispondono meglio al mio palato non troppo tecnico sono quelli originati dalla tradizione rispetto a quelli che rispondono al canto delle sirene contemporanee, o peggio,  avanguardiste.


Forme, colori, armonie, contrasti e incastri incalzano i cinque sensi, mentre Marco al pass rifinisce in punta di coltello o con pinzette da estetista ogni singolo piatto, che giunge al tavolo come un'opera di food design.

Al tavolo arrivano anche le sorridenti e gioviali ragazze governate e coordinate dall'ottima Maitre Maura, che con disinvoltura svolge a nastro un ruolo assai delicato, pronta ad affrontare ogni tipologia di clientela,  di chissà quale religione o idioma. 

Tutto insieme Il Marin rappresenta un bel biglietto da visita per la città di Genova, e probabilmente meriterebbe anche qualche riconoscimento in più da parte della guide specializzate, a partire da Michelin, che però è assai tiepida quando si tratta di affari di Farinetti, salvo i casi di Milano e Torino, dove però Eataly inglobò Stelle già accese altrove, semplicemente, accogliendole da accessi differenziati  mentre qui, fa notare la rossa, è necessario attraversare un supermercato alimentare di nicchia per giungere a Il Marin; e per raggiungerlo -aggiungo io- , anche resistere al profumo di salumi e prosciutti in corso di taglio, a quello delle pizze appena sfornate, a quello di hamburger o di altre soluzioni diverse di alimentazione, più di pancia, mentre a Il Marin si va di testa a confrontarsi con una cucina più cerebrale che viscerale.

Maura, elegante, efficace e concreta maitre de Il Marin

La focaccia a Genova deve essere così,: croccante, bassa, e con una goccia di olio in più del necessario, ma utile a ungere le dita prima di leccarsele

Croccanti sfoglie al sesamo


Ti distrai un attimo guardando dalla vetrata, e arriva questo: cardi e bagna cauda ?

Acciuga farcita e fritta, senza neanche un piccola spina da sputare

Marco : questo lo potresti infilare anche come pre dessert tanto è intelligente il mix macaron - carota - stocco

Tre pani e un grissino. I mezzi, le farine e le attrezzature non sono mai  mancate a Eataly per fare dell'ottimo pane, pizze, grissini, focacce. Qui fa saltare tutti gli stop quello alle olive taggiasche

Appunto ... da olive Taggiasche di Badalucco o d'altrove, da dove il Mastro Oliandolo Franco Roi fa cadere goccia a goccia il suo prezioso olio a Eataly, cru per cru ...

Una mia dipendenza alto atesina

Coinvolgente. Il Castagna e castagne, pesce castagna in evidenza, con castagna, radici, erbe, barbabietole, topinambour e foie gras. Varie acidità riequlibranti tra gli ingredienti ed encomio per il taglio netto ed eguale di ogni elemento alimento, anche se di consistenza diversa.

Optical il trippa e seppia, dove la trippa prende il nero e la seppia va a nozze in bianco, in abito di cavolfiore. C'è anche una finissima brunoise a colori ben nascosta, ma il gusto complessivo resta in bianco e nero

Tra i must del periodo ci sono gli "assoluti di gamberi" ; eccone un'altra riuscita espressione, perchè quando si tratta di mangiare materia, devi avere la materia, e sul tema gambero, la Liguria regna.

Bello e buono. Mais e baccalà, con un latticello aromatizzato all'erba cipollina che lo solleva dalla banalità.

Perfetto.  Tortelli ripieni di pesto su crema di patate, fagiolini al dente e scaglie di parmigiano.
What else?

Superfluo.  Lo è il carpaccino di pesce al rosa sull'ottimo risottino bianco ai germoglini verdi, cavialino e polverine. Tutto molto milanese anche senza zafferano, comunque molto buono.

Stending ovescion: raviolini di zucca ed erbe spontanee, radicchio, spinaci, calamaretti a spillo e il loro fondo bruno

Croccante, elemento di valutazione premiante di ogni piatto che non sia mollo.
 Qui la frittura di paranza prende forme e colori che restano integre anche venti minuti dopo il servizio, alias tempura di quelli bravi.

Civile e didattico: la finanziera del mare, e cioè quelle piccole cose che del pesce e dei molluschi si scartano come il due anche se è di briscola; qui invece valorizzate da un piccolo bouquet di verdure acidificate e da un corposo fondo di collegamento

Ci sono anch'io. Queste presentazioni credo servano ad entrare in un club. Belìn, a me non mi hanno mai invitato i cuochi che si divertono a esibirle. Comunque sia gli scampetti planciati sono deliziosi, il foie gras tambien, rape fermentate e riduzione di nebbiolo a non a disturbare il gusto, ma a completare un tour dove tutte le componenti di un piatto da concorso sono presenti, ed in maniera assai evidenti.

Trendy. Una declinazione di stagione si può assemblare anche al momento del dessert non dolce.
 E' l'autunno, che qui si annuncia al momento del dolce, mentre più a nord arriverebbe già al momento di un antipasto, sottobosco

Con pere e cioccolato vinci facile, ma se lo fai così meglio ancora.
Buono per tutti

Mi dicono acini e me lo servono dentro alla cassetta del Krug ?

Da scriverci un nuovo capitolo

Riconsegno l'ingombro

Maura sta riorganizzando la sala per la serata.
La cucina è già ripartita
Si è fatto tardi ed io non ho più il coraggio di chiedere un piatto di rane al verde, in carta a novembre



gdf

Aoc Champagne Grand Cru Tradition Brut s.a. Fernand Thill

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Una maisondi récoltant-manipulant, su piazza fin dai primi del 1800, che ha venduto le uve di proprietà fino al 1953, anno in cui Fernand si convinse a etichettare e commerciare in proprio. Siamo a Verzy, piccolo villaggio del Dipartimento della Marna, e questa azienda è ora nelle mani di Marie Thérèse, la figlia.

Il Brut Tradition è il loro prodotto di ingresso. Si tratta di un assemblaggio di 70 Chardonnay e 30 Pinot Noir, solo acciaio, e i 24 mesi sur latteslicenziano una bollicina non finissima. Normale, quasi scontato.

La dominanza della bacca bianca si sente fin dal naso, con freschi aromi di fiori bianchi, un tocco agrumato – più lime che limone – e altra frutta bianca – pera e pesca – con un timbro minerale-speziato ad arricchire il bouquet.

Al palato esprime freschezza e delicatezza, richiamando più le note bianche, sia fiori che frutta, che l’impianto gessoso – un po’ in chiaroscuro - dello spartito olfattivo.
Una bevuta comunque equilibrata - insistenti i richiami finali di mandorla – che paga gabella, come molti champagnes di questa fascia, del resto, circa la progressione e la persistenza.


Ti garantisco, nondimeno, che da aperitivo è uno champagne corretto, che fila liscio e può rivelarsi comodo warm-up per altra bolla di maggior calibro.

Due Pallini is meglio che one

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Mi racconta Piero "In realtà arrivarono in tre, di sabato sera, e tre piatti ordinarono, ma non a testa, in totale; un antipasto, un primo e un secondo, ovviamente tutti diversi, e di seguito tre dessert, questi tutti uguali ... ma in stock ne mancava uno, e questo li ha mandati fuori di testa ... in seguito volevano anche conti e fatture separate, fatture separate ma da pagare con un unica carta di credito ... i volumi delle voci salgono e a fatica la situazione si normalizza"


Beh, sondo spesso il sito dei delatori vendicativi, e questa è tra le perle della settimana. Ecco come "potrebbe nascere" una recensione supernegativa su Tripadvisor da un pallino, e dopo la replica della titolare, anche una seconda recensione negativa, questa volta da due, che fa precipitare il locale a metà classifica.

Scrive matteomer72, 6 recensioni all'attivo :


Un Pallino ...

Locale carino, discreta la cucina anche se pretenziosa; ma inabissata dalla incomprensibile scortesia della titolare. Da quando abbiamo ordinato si e avuta la sensazione di estrema antipatia (sarà forse per la scelta di una sola portata di alcuni commensali?). Vino sfuso non né avevano ma, poteva aprire una bottiglia che però decideva lei !!! Del resto bevendo vino solo in due non aveva senso prendere una bottiglia intera! Dolci quasi tutti esauriti alle 20.30 del sabato sera!!??? A proposito, non chiedete fattura il sabato sera perché secondo loro nessuno può essere in trasferta il weekend. Preferisco casa mia!                                              
  












ComeaCasaOspedaletti, Direttore alle Come a Casa, ha risposto a questa recensione.,

Io incomincio dalla fine del Suo delirio:

bene, se ne stia pure a casa Sua! Non abbiamo certamente bisogno di persone maleducate che si prendono la libertà di urlare in casa d’altri, non rispettando la presenza di altri commensali che sono rimasti sconcertati dal suo spettacolo, esternando commenti non proprio edificanti nei suoi confronti.

Non sono stata assolutamente scortese verso di voi, forse un po’ indaffarata, ma certamente non irritata dalla ordinazione che avete fatto.

Vino sfuso non ne abbiamo e a chi vuole un bicchiere di vino apriamo una bottiglia tra quelle che abbiamo in carta, non capisco le sue pretese sul fatto che sia io a scegliere quale vino proporre, secondo Lei dovremmo tenere tanti tipi di vino sfuso? O dovremmo servire due bicchieri del vino che vuole Lei? Poteva scegliersi una bottiglia, bere due bicchieri e portarsi a casa sua quello che avanzava, l’avremmo senz’altro accontentata!

Dei dolci tra quelli in carta solo uno mancava all’appello, purtroppo per Lei, nella giornata di sabato c’è stata una grande affluenza anche a mezzogiorno e visto che non li compriamo, ma li facciamo noi, siamo andati in rottura di stock. Comunque, per il futuro ci attrezzeremo con una veggente, in modo da prevedere per tempo quali dolci i Clienti consumeranno. Contento?

Infine; Lei ha chiesto il conto e mentre stavo battendo lo scontrino si è precipitato al banco chiedendo la fattura. Le è stato fatto notare che la fattura va chiesta subito in quanto uno scontrino fiscale annullato è sempre meglio evitarlo.

Scontrino annullato!

A questo punto Lei richiede lo scorporo dell’importo, ma con il pagamento con una sola carta di credito. Le è stato fatto ancora notare che non era fiscalmente possibile e da qui è nata la Sua reazione inopportuna ; che l’ha portata ad assumere un atteggiamento aggressivo che vorrei tanto assumesse solo a casa Sua!

La mancanza di educazione è la cosa che mi offende di più!

La titolare (Licia, n.d.r.)



tre giorni dopo ...

scrive monicamucci, curiosamente alla sua prima recensione


Due pallini ...

Locale curato, ma cibo più bello che ben cucinato: Crema di zucca troppo dolce e baccalà (specialità del posto) poco cotto. Proprietaria decisamente scortese, forse gentile solo con clienti abituali?                                                            


Curiosamente, anche la comanda corrisponde ... Beh, dai Licia, dai Piero, due is meglio che one ...
gdf


La peperonata la preferisco nel piatto

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Tra le corbellerie vinicole che si possono leggere in rete ultimamente, non sfugga che lo Champagne, assunto in dose massicce, distrugge inesorabilmente la cellulite. Sicuramente meno inutile e parimenti costoso di creme farmaceutiche dagli effetti nebbiosi, per lo meno provocherà sorrisi languidi nelle signore che adotteranno questa dieta, meglio ancora se dissociata dai carboidrati.

Sul tema statistiche, per quanto riguarda i vini bianchi più apprezzati e ricercati al mondo, impera come sempre il vitigno chardonnay, inseguito dal sauvignon blanc, mentre il riesling resta una questione personale. Un vitigno di cui se ne parla molto ma che se ne beve poco, giustamente, perché quelli eccellenti sono veramente rari.

Lontano ancora dal concetto di Terroir, Wine Searcher pubblica una curiosa statistica basata sulle ricerche degli utenti, che almeno nelle intenzioni hanno cambiato orientamento sulle bacche rosse, che restano comunque preferite a quelle bianche.

L'avvento del dominio dei bianchisti resta quindi ancora un miraggio, però qualche cosa il consumatore avveduto -almeno in percentuale maggiore- l'ha percepito, e così le marmellate di zinfandel devono cedere il posto al pepato syrah, ma soprattutto, fatto epocale, il cabernet cede il primo posto al pinot noir.


Peperonate verdi e rosse, ratatouille melangé dominate dal vitigno bordolese ormai superate, almeno nell'interesse dei bevitori seriali, dalle macedonie di frutti rossi, meglio se provenienti dalla Borgogna ça va sans dire, ombelico del mondo riscoperto, sia in bianco che in rosso. Le quotazioni saranno ancora in salita, rendendo quei vini -in 15 anni-  virtuali, quando tre lustri fa potevano, ahinoi, considerarsi da bevuta giornaliera.

gdf

Esperimenti sul mio corpo

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Mentre mi Gustavo Holst mi si sono girati i poli dei pianeti. 

Negli anni la mia anima ha messo alla prova questo corpo in molte maniere, in tutti i cinque sensi, ma non ricordo, purtroppo, nulla di oralmente definibile immorale, anche se il sesto, il settimo e l'ottavo rappresentano una frontiera non ancora abbattuta. Non mi avete mai avuto in vena, perché ho troppa paura delle siringhe, non per altro, frontiere flebili.

Come avrà fatto Holst? Queste non sono balle spaziali.

Ho provato a togliere invece che aggiungere, quello che credo dovrebbero fare tanti di quei cuochini che seguo, con fatica ormai.

Non perché mi manchino le energie fisiche, ma è la mente subdola quella che tradisce, così come loro fanno con le loro conoscenze. Sanno le cose ma le ignorano

Privato e provato dall'intolleranza al latte e dai suoi derivati mi sentii leggero quando decisi, come un po' tutti noi lo volessimo ammettere, nel giorno inciso, quello del cambio di direzione, mammiferi svezzati, e quindi non più dipendenti da quella droga che si chiama formaggio, che però tanto ci piace. Eliminai tutto per 18 mesi, Funziona, credetemi, ma perchè farlo se non hai un motivo?

Una sigaretta. Sono sceso a venti sui 15 giorni, ma così, tanto per condividere una nuvola di pensieri, potrei scendere a zero, smetto quando voglio, si, ma appunto per quello perchè smetterre?

Alcol. La dipendenza migliore che potrete raggiungere, ma di fino, perché sapendola gestire, sarà quella a dipendere da voi.

Le farine. Il mostro, insieme al latte.  Sto provando questo nuovo esperimento sul mio corpo, eliminandole completamente, il corpo risponde bene, ma lo aveva già fatto con il latte e i suoi derivati.

E' scioccato. Secondo me è per adesso solo scioccato. e quindi reagisce come un tuo amico che ti avverte cambiato.

Batte ritirata, ti osserva da distante. Lo tengo d'occhio ormai da lontano, come un nemico non sconfitto ... sicuramente tornerà amichevolmente.

Il corpo spaziale si difende. il giro vita stringe. 

Senza latte, formaggi e derivati del latte persi un 20% per cento del peso corporeo, con annessi benefici di tutti gli organi, tutti.

Senz'alcol solo 40 giorni di questa vita, e furono giorni terribili, al limite della depressione e del sottopeso, da chiedersi come faccia a viverne senza la gente, ma lo volevo provare quell'effetto, il peggiore, provocandomi un motivo per farlo.

Adesso tocca alla farina di sacchi altrui. Il mio è pieno, di bottiglie vuote

gdf

Due chef al mercato ci provano ancora ...

L'esotismo ligure-provenzale di Emanuele Donalisio

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del Guardiano del Faro


L'approfondita storia di questo gran bel pezzo di cuoco di origine piemontese (Pinerolo) e del suo elegante locale di Ventimiglia -condiviso con la bravissima Anna- la potreste rileggere e rivedere QUI .

Sul finale di quel post mi allargai di spalla, buttando un paio di fiches sul lungo bancone da gioco, dove si scommette, prima davanti ad un aperitivo di idee ancora inespresse, ed infine di fronte ad un distillato consuntivo.

Quel "si può fare" risale a 14 mesi fa, e anche se Emanuele passa per uno che non ama molto sentirsi messo in discussione, la realtà dei fatti è invece mutata. Ognuno ha i suoi tempi di reazione, se poi è del segno dei Gemelli ... un altro !?!?! ... allora i tempi possono diventare insondabili. Perché prima si devono parlare tra di loro, e capirsi.

Qui qualche cosa di nuovo e di bello è accaduto, e quindi Ventimiglia e dintorni potrebbero, con i tempi e con i modi di altri commentatori di tagliatelle ... dicevo, potrebbe ritrovare una tavola degna del recente passato, dove non sono mai mancate le stelle ad illuminare le notti ai confini dell'Impero.


Da queste parti accadono fatti particolari, pensate che già 150 anni fa, un certo Thomas Hanbury immaginò che in questo microclima si potessero coltivare quasi tutte le specie botaniche del pianeta. Ci provò, trapiantandole con successo nei terreni pendenti e degradanti verso il mare che circondavano e circondano la sua villetta vista mare, il tutto poi diventato parco botanico.

Oggi ho conosciuto un altro visionario, di questa vita e nella stessa via, Via Hanbury. Probabilmente ho conosciuto nell'agronomo Pierangelo Fazio la reincarnazione di Hanbury, perché non credo a coincidenze così precise.

Pierangelo, che dovrò per forza di cose andare ad affrontare, ma con timore, nel suo giardino, anima evoluta; lui, che approfittando dell'ulteriore riscaldamento del clima, ha iniziato -con successo- a coltivare piante da frutto esotiche.

Non stupisca quindi questa deriva esotica -deliziosa- che porta nei piatti di Emanuele una ventata di novità a chilometro zero. Cucina ligure provenzale con profumi esotici? si, qui "si può fare", e senza dover scomodare esportatori di frutta dell'altro mondo.


Festeggiamo con un calice di Champagne l'ingresso contemporaneo in due Guide delGiardino del Gusto, con faccini sorridenti e menzione di buona cucina, in questo caso anticamera di un profilo degno di una cucina d'autore, proprio perché i caratteri personali si stanno delineando con maggior precisione e definizione.

Non avesse preso questa strada, mi sarei permesso di suggerire ad Emanuele di riprendere in mano i grandi classici che ben conosce, quelli di Michel Roux, francese da esportazione con dotazione tre stelle Michelin d'oltre Manica, dove Donalisio apprese tecniche e ricette d'alto bordo. Invece no, si può fare anche qualche cosa di più personale, con le materie prime di queste parti, materie prime di grande qualità, proprio perché il chilometro zero aiuta parecchio nella scelta.


Debitore di questo indirizzo della Guida de L'Espresso dell'anno scorso, mi meraviglio di questo cambiamento d'opinione così radicale, tale da trasformare un incoraggiante 14/20mi in un "nessun numero", con l'aggiunta di un'affermazione sorprendente, nel momento in cui si mettono in dubbio non solo "le esecuzioni" , ma anche la qualità dei prodotti, e qui si va un po' oltre la soggettività.

Vabbè ragazzi, la famosa serata storta capita e capiterà sempre e a tutti. A cuochi, sommelier, ristoratori, giornalisti, critici e ad accompagnatrici di giornalisti e critici. Comunque sia c'è tutto il tempo per cambiare idea nuovamente, mentre Emanuele può ora voltare pagina e guardare anche ad "altro", cercando conforto nei propri desideri, concentrandoli in un pensiero come in un jus de viande, per poi lasciarlo andare, fluido.


I piatti di seguito elencati, non hanno -credo- bisogno che della pura didascalia per esibirsi in pubblico, essendomi fidato di una Nikon in discreta giornata di forma, così come del mio palato moderatamente spostato verso l'acido-amaro, elementi altamente caratterizzanti e qui gestiti prudentemente in punta di fioretto, mentre sapidità e dolcezze sono ancora priorità evidenti di questa cucina; quest'ultimo, nuovo intrigante argomento di confronto, 


La "tartare" di St.Jacques e gamberi, marinata al lime e coriandolo con mango di XXmiglia


Il mio passe-partout di giornata

Il blocco di tonno marinato con salsa di soia invecchiata, zenzero e cipollotto ...


La scaloppa di foie gras -cotta alla perfezione- su zucca Hokkaido, sfoglie di pane al cacao e frutti rossi. Gocce di fondo bruno. Piatto che va ben oltre la media


Fuori carta e fuori controllo, ancora la crema di zucca, con totanetti farciti da grissini rubatà e bottarga, e molto peperoncino

Pansotti neri farciti di verza e coniglio con salse di barbabietola alla brace e topinambour

Spaghetti con calamaretti, pomodoro fresco, riduzione alla Barbera e peperoni rossi dolci

Lingua a bassa temperatura, scampo alla griglia, carotine infuse al timo e bagnetto verde, e demi glace... le origini piemontesi, il lungo mare di xx miglia e la scuola Roux

Cremoso di Cherimoya di XXmiglia

Cannolo di pane di segale glassato al miele, Chantilly al Gorgonzola ...

Sabbiosa Bretone, crema al limone, meringhe e sorbetto ai frutti rossi ...

Croccante  di banana e pepe nero, fragole e bacche di Goji su mousse di cioccolato bianco e lime ...

Un Whisky fantastico, 58,5° ... tanto si torna in treno 

Merci a Luca Gargano per l'alcol, e a Sophie e Fabio per i suggerimenti in carta. Triple AAA a gogo


gdf

Je suis Scabin? Oui, moi aussi

Bell Bottom

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... cari cheffini e ristoratori ambiziosi,  state in campana, Kim lo aveva già capito negli anni '80; avere culo o farsi il culo, in questo duro mestiere che vi siete scelti non basta, Kim Wilde docet; lei, che oltre alla paglia di fieno di seirass pinerolese in testa aveva anche un fondo schiena naturale spettacolare, esibito con discrezione, e appoggi nel giro che conta.

Invece di perdere tempo con gente come me o altri cronisti di tagliatelle,  invece di perdere tempo nel chiedere ai vostri clienti di scrivere bene di voi su TripAdvisor, chiedete ai medesimi di scrivere bene di voi su ViaMichelin. E se vi capita qualche francese al tavolo, ancora meglio. Ah, e fate sempre e comunque attenzione a dove comprate il vino, così come negli anni '80.

gdf

p.s. dopo Kim c'è Patsy Kensit in menù degustazione, se piace

Contro ogni regola

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Marco 50&50



Indietro non si torna.
Se la frase ha qualche ventennio, la conferma è del mese scorso e arriva da Samantha, fisica quantistica, dopo uno studio del CNR in collaborazione con il dipartimento di Fisica della Sapienza e con l'Università dell'Aquila.



In apertura stuzzichini di benvenuto, crostini croccanti e saporiti, un paio di calici di bollicine rosè, poi, a tutto pasto, Vino Ghibellino dell’Azienda Agricola Biava


Pappa al pomodoro, sono disabituato a questa versione “milanese” croccante e semisolida, eppure la gradisco, il mezzo toscano che è in me non cerca scontri regionali, l’apprezzamento, però, arriva dalle mie origini lombarde.


Casonsei alla bergamasca 2.12, ad ogni mio passaggio un assaggio…


Risotto con funghi porcini e grattata di stracchino all'antica delle Valli Orobiche, ci siamo



Risotto alla milanese (piatto Expo), ci risiamo, ci rimaniamo e ci ritorniamo, tranquilli, senza le code Expo, l’auto a pochi passi dall’ingresso, in cortile, i fari puntati sull’orto.


Saporiti uselì scapac con polenta del loro mais dalla consistenza apprezzabile


Quaglia disossata al timo e maggiorana con polenta, piatto impegnativo per quantità, sulla qualità nulla da eccepire, forse al posto delle zucchine avrei preferito qualcosa di rinfrescante che inviti alla ripartenza, non dico un gin tonic…


Sfera di cioccolato con polpa di caco delle loro piante, panna ad alleggerire e Rum


L’ormai famoso Tiramisù al panettone dopo l’apprezzamento di Gualtiero, il mio secondo nome

 Caffè, dolcetti della casa e un conto piccolo piccolo.



Contro ogni regola, invece, indietro si può tornare, io ad esempio, con sommo piacere, sono tornato ad Ambivere, alla Trattoria Viscontie sono stato accolto con molta professionalità ma anche una gentilezza e con un garbo davvero d'altri tempi.
Daniele e Fiorella mostrandomi un album foto ricordo, mi hanno raccontato con passione della loro collaborazione ed esperienza ad Expo dove hanno rappresentato la regione Lombardia per oltre un mese.



Ho riletto i due post già apparsi sullo schermo dell'Armadillobar (l'agnello maculato e Visconti si nasce) relativi ai miei precedenti passaggi ad Ambivere per vedere  se ci fosse qualcosa che non avevo ancora notato o segnalato o qualche cambiamento, sostanzialmente (e fortunatamente) non è cambiato nulla, il posto è "in dinamismo" eppure sospeso nel tempo.



Volente, ho notato l’attenzione di Daniele e Fiorella, mostrata nei confronti di una coppia seduta al tavolo a fianco, lui non aveva gradito uno degli ingredienti di un certo piatto, beh, raramente mi è capitato di vedere un atteggiamento di premura verso un cliente come in questo caso e quel che ho visto e il modo in cui l’hanno fatto vale più di mille sorrisi tirati e di presentazioni che a volte lasciano a bocca aperta ma non invogliano la masticazione.  



L’elogio ricevuto da Gualtiero Marchesi per il tiramisù al panettone, in occasione della collaborazione di Visconti con Expo, dimostra che qui si guarda avanti ma che la navigazione è a vista, le terre estreme non sempre riservano belle sorprese, quindi innovazione con circospezione e per certi versi, i più importanti, quali garbo, attenzioni, massima pulizia, educazione, modi di porgersi e di esprimersi, l’estrema gentilezza e competenza di Daniele ma anche del personale che non fa parte della famiglia, sembra davvero di tornare al passato, a concetti che non dico siano in via d'estinzione, ma che vanno sicuramente inseriti tra le specie protette, in fondo una cucina basata sui piatti della tradizione, per quanto "alleggerita" non può che andare in una direzione riportandoci indietro nel tempo, contro ogni regola, a dispetto delle certezze della fisica quantistica, di Samantha e della sua quarta senza coppa c che sfida la legge di gravità ma nulla può contro questi baluardi del cuore.

M 50&50
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