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Channel: armadillo bar | vino-cibo e musica
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Un rosso rosè

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Marco 50&50



Con la focaccia servita calda un buon salame, perfetto col vino scelto,  ed un ancor più buono culatello che avrebbe però richiesto una boccia diversa…



L’ossobuco col risotto alla milanese, anche qui la scelta del vino sembra più che azzeccata

 Fin qui tutto bene, adesso bisogna vedere quale bottiglia inappropriata hai scelto stavolta per accompagnare il tuo spuntino tardo autunnale…
Se ti togli le cuffie e abbassi il volume del mixer te lo dico, o alla Villa delle Rose, dove credo tu stia lavorando hanno il cruise control per i decibel…comunque mi sembri interessato solo al cinquanta solido di quanto scrivo…
No è che ormai con te sono rassegnato, se non c’è qualcuno a guidarti vai in palla e sbagli bolla…Reet Petite in sordina poi è imperdonabile anche per un DJ senza blasone, dimmi, mezzo toscano, ti ascolto
Niente bollicine, una barbera d’Asti, collinare, targata Maccario, ci sento lontani sentori d’amaretto, nello specifico più che quello di Sassello mi sembra di percepire, anzi percepisco distintamente l’attacco frontale dell’amaretto di Mombaruzzo, ma siediti, ti racconto una storia che probabilmente conoscerai già, ma gli spunti, lo sai, aiutano le rotelline a muoversi e, come vedrai, lasciano un sorriso compreso nel prezzo, il prezzo da pagare è qualche minuto del tuo tempo, poi Reet Petite lo rimettiamo da capo…

Qualche anno fa un’operazione di marketing fuori dagli schemi convenzionali ha consentito a due fratelli, Pico e Vitaliano Maccario di promuovere con successo la cantina ereditata dal nonno Carlo che ha come simbolo la rosa per il valore che, soprattutto negli scorsi decenni, aveva in vigna, dato che poteva evidenziare in anticipo, le malattie della vite determinate dagli attacchi dei parassiti sui filari.
L’operazione di marketing di cui sopra, più che una presa in giro alle varie testate e ai numerosi blogger che hanno “abboccato” a me è piaciuta e mi è sembrato strano leggere in un vecchio post di Stefano Tesi, col quale solitamente concordo, (forse per il fatto che vive nelle crete senesi ad un passo dalle mie origini) leggere dicevo parole che non hanno del tutto colto la “genialata” di fondo, una “goliardata” alla toscana degna del Conte Mascetti.
Per farla breve è stato messo in rete un video “taroccato” di un’inesistente ma realisticamente vera rosa carnivora che cattura un insetto proteggendo a spina tratta le vigne, il video che  ha totalizzato duecentomila visualizzazioni, è servito a promuovere su larga scala i vini della cantina Maccario, tra i maggiori produttori della Barbera d’Asti, che su settanta ettari di appezzamento ne coltiva quasi sessanta a Barbera.
I vini di Pico Maccario si sono fatti, a beneficio dei viaggiatori, qualche viaggetto in treno sul Frecciarossa e anche qualche volo su Alitalia sulle stesse tratte internazionali normalmente percorse per raggiungere luoghi d’esportazione quali Nord America ed Estremo Oriente.
Vitaliano che ha studiato il web come strumento di promozione, intuendone le grandi potenzialità necessarie per aggredire un mercato difficile e selettivo, ha sfruttato un’idea spolverizzandola di follia gestionale ed imprenditoriale e di sé dice “…in realtà, non ho inventato nulla. Le rose venivano piantate come spia della salute della vigna. Se si ammalavano il contadino doveva intervenire. Noi abbiamo costruito un sogno a partire dalla tradizione...grazie ad un semplice video siamo venuti in contatto con migliaia di persone in un lasso di tempo che avrebbe richiesto mesi, forse anni con i tradizionali mezzi di comunicazione”


Credo anch’io che la comunicazione sia importante, soprattutto quando lo stesso messaggio invece di arrivare al consumatore in modo banale, stimoli ed invogli alla scoperta e ad una conoscenza più approfondita, quando possibile, quindi, evitare di lasciare qualcosa in secondo piano, un po’ come avrei dovuto fare io che, invece di fermarmi all’immagine del vino qui sotto, sempre alla ricerca del Quinta de la Rosa, scattando la foto al Villa della Rosa di Pico Maccario, avrei dovuto accorgermi che, anche se un po’ in secondo piano,  avevo sotto gli occhi una Rosa con la quinta, in tinta per giunta, invece me ne sono tornato a casa senza alcun contatto col quale potessi mettermi in comunicazione…metti Reet Petite



M 50&50

Capire un belino di vino

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- gdf 7 minuti -

La tragedia prosegue ininterrottamente, a puntate ravvicinate, sprofondando nel grottesco, nel comico, nel mistero buffo: calati dentro il buco nero dell'ignoto, nell'inesistente competenza di chi si occupa di vino con mansioni retribuite. Più incombenze che mansioni, ma di qualche cosa si deve pure campare.

Buoni sommelier e validi barman disoccupati ne incontro giornalmente, mentre dei solenni alienati alias abelinati che trovano lavoro o se lo inventano facendo forza sulla loro incompetenza ne incontro ancor di più, probabilmente perché chi li assume non ne sa ugualmente un beato cz di questo argomento.

Funziona così, e non solo in questo piccolo segmento di vita alcolica. Funziona che -e se- chi ti prende in considerazione si accorge che sei meno scemo di lui ti scarta come un cioccolatino buttandone l'involucro e rubandoti le idee che ci sono dentro, dopo di che assume un deficiente, che farà sicuramente danni al pubblico ma non a lui;  così da avere sempre uno su cui scaricare la responsabilità, la sua ignoranza.

Offerta speciale di Franciacorta Rosè Castel Faglia a  8 euro ??? "Svilente per l'azienda". Ok, niente di straordinario come prodotto, ma ditemi che cosa bevete a quel prezzo trovando dentro una pesante bottiglia che resiste a qualche atmosfera di gas un Metodo Classico e non un prosecchino ... sia pure non di nicchia o di primissimo livello, anche se il Satin lo trovo un buon vino a prescindere. Sorpreso e disattento me lo prendo al volo e me lo porto. Il personaggetto che gestisce il quartierino vinicolo all'interno del market mi deve pure levare la protezione anti taccheggio, per 8 euro, e complimentarsi per la mia scelta "... lei si che è un intenditore". Me lo infila in borsa e me ne vado.

Al faro lo stappo, distrattamente, aspettandomi di trovare nel bicchiere il motivo di tanto ribasso. E lo trovo subito, perché l'etichetta è si rosata ... ma il vino no. L'ho comprato per Franciacorta rosè, perché stava sotto il cartello dell'offerta speciale Franciacorta rosè ma il vino nel bicchiere è bianco. Mi dico ... stai a vedere che hanno imbottigliato il bianco e poi l'hanno etichettato come rosè, e quindi, per non buttare tempo, tappi, etichette e gabbiette l'hanno venduto a prezzo inferiore. 

No, stupido anch'io, non si può fare una cosa del genere, credo sia addirittura penale; forse rappresenterebbe frode in commercio. Guardo meglio l'etichetta che è si rosata, ma c'è scritto Extra Brut, e il vino è un extra brut, e così l'offerta speciale è uscita sul vino sbagliato, ad un prezzo sbagliato per un prodotto diverso. Sarei tornato con la foto della bottiglia di rosè, ma il fenomeno avrebbe potuto obiettare che è l'azienda ad essere stata poco chiara, imbottigliando il rosè con l'etichetta bianca e il bianco con l'etichetta rosata; e in seconda battuta non avrei voluto che il suo superiore gli cambiasse reparto, dandogli un incarico di maggior responsabilità.

gdf rosè


La Voglia Matta senza titolo

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del Guardiano del Faro


Quando trovo il titolo so che il pezzo scorrerà via agile e felice sui binari della regolarità, raggiungendo l'epilogo in pochi minuti. Qualche aggiustamento e via. In onda. Qui, invece, stavolta, non mi viene il titolo, ma sono contento lo stesso, anche senza titolo.

Contento, tante volte gratificato e contento, innanzitutto per la collocazione assai lontana dal faro di locali dall'attrazione fatale. Quelli danneggianti a lungo andare, sia per il giro vita che per il portafogli. Un giorno piange la cintura, un giorno il conto corrente. Troppo spesso entrambi. La contraddizione è evidente.

Questi due, Davide e Katia, ce li avessi più vicino, invece di deprimermi mi farebbero passare la giornata più intensamente, pensando a cose sublimi come la cucina d'autore, come se fuori non accadesse nulla di negativo, persino a Voltri,  borgo estremo di Genova, che non è una città per gourmet, neppure in centro, figuriamoci nell'estrema periferia.

Davide, nel frattempo -quest'estate- ha sperimentato sulla sua pelle che anche Portofino non è un paese per gourmet. E allora che fare? Arenzano è già al completo, e quindi tanto vale rimanere nei muri di casa, dove far un po' quel che si vuole, anche marinare i cetrioli nella Sambuca, riuscendo  a condividere positivamente tanti pensieri con Katia, che è socia e non compagna, dettaglio che cambia le condizioni e le regole del gioco.


L'auto la si appoggia dove capita qui, senza timore, così fan tutti. Un indicazione, se vi fa piacere ... per parcheggiare e per curiosare, di là del ponte del Leira, che nasce a 1001 metri sul mare, ma nel mare comunque finisce, quando non si allarga a far danni. Lì, dalle parti del bar del Leira c'è un vicolo cieco che si avvicina alla ferrovia, dove trovare abbastanza facilmente un posticino. Intanto al bar si beve, si gioca e si fuma con il filtro, nel senso che sopra al bancone c'è scritto VIETATO FUMARE, mentre chi vi fa il caffè posa la cicca accesa sul registratore di cassa, tra un espresso e un ristretto. Chi vuoi che entri, qui, ai margini della città per menare il belino.

Periferico il ristorante di Davide e Katia, di fatto, nel modi, nelle intenzioni, nella concezione della cucina e anche per il carattere della scelta dei vini, anch'essi piuttosto borderline, ma che non sono quelli di seguito individuabili nel pezzo, frutto di una pesca diversa.

Mi piace molto il bagno de La Voglia Matta, perché contiene l'unico specchio che mi sfina sul lungo, levandomi contemporaneamente due dita di pancia e due di rughe. Allunga questo specchio in bagno. Immagino quanti siano tentati di abbassare la cerniera, per vedere l'effetto che fa.


In sala qualche cosa è cambiato. Le luci sono meno violente rispetto al passato, e questo  dettaglio, unito ad un auspicabile miglioramento dell'acustica contribuisce e contribuirà ancor di più ad elevare il comfort de La Voglia Matta, locale ormai ben collocato nella mente della clientela che qui ci deve venire apposta, indirizzata ormai da ogni Guida.

15.5 da L'Espresso, un 79 sotto stimato del Gambero Rosso, Cucina d'Autore dal Touring Club e le due forchettine della Michelin. Già, due forchettine, da parecchi anni ormai, nella città da 700.000 abitanti ma senza neanche una stella. Ecco il Titolo che manca ... titolo ancora ottenibile, salendo sul treno giusto. La ferrovia passa giusto qui dietro, l'importante è non estremizzare questa cucina e quindi andare a finire sul binario tronco, già abbastanza affollato da talenti incompresi come Milone o Lopriore.




Accidenti. Etichetta tamarra ma vino grandissimo!

Un gran colpo di testa. Teste di pesce in cassetta con frutta secca e gocce d'alloro. 
Da ripensare in fase di presentazione

Vietato ai minori. Cetrioli marinati nella Sambuca, rapanelli, gelatina di pepe e aceto balsamico; gocce di vermouth e Campari

Intense lumachine di mare in crema di topinambour

Vosne duretto, da bere quando saremo già tutti morti, mentre lo Chablis di Tribut anche subito: oggi, domani, dopodomani

Purè di patate affumicate, polpo, cipolle all'agro, gocce di alloro, olive taggiasche ... e anche una nota piccante. Ecco, qui c'è tutto per prendere il treno giusto

E anche qui, dove diversi elementi di terra portano in alto il sapore complessivo


La tradizione dell'accomodato alla genovese.
 Normalmente si fa così, o con la trippa o con lo stoccafisso. 
Trippa, funghi secchi, patate ...
Ma subito dopo arriva la versione provocatoria: trippa fritta e speziata ...

Altro vagoncino da agganciare all'Intercity. 
Filetti di triglia arrostiti sulla pelle, crema di cavolfiore e carciofi alla liquirizia. Manca giusto una nota vagamente acida agrumata che identifichi un piatto "alla Cannavino"

Discreto gelato all'olio con crumble di olive taggiasche

Minimalismo e originalità, in questo dessert poco dolce, marcato dalle note digestive di limone e salvia

Gelatine gdf, praticamente è Sambuca a 38° gelatinata ... mitigata da brutti ma buoni e meringhe

Il venerdì del Dj : Michel Rocourt Champagne Blanc de Blancs Brut 2004

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Torno a bere e raccontare un 2004. Lo faccio perchè, testardo me, non mi convinsero i verdetti espressi, all’epoca, dai guru delle bollicine, i quali, accecati da troppa mortadella sugli occhi, dovuta al millesimo 2002, stimarono l’annata 2004, chi modesta, chi insignificante, con più di uno che, addirittura, stroncò. Salvo poi rivalutarla. Ora.

Non mi persuasero, giacchè come scrissi, in altra occasione, i dati analitici erano tutt’altro che disprezzabili (stessa sorte, ora, per la ’98). Nondimeno, fortunatamente, quanto si trova nel calice, per quanto riguarda le mie modestissime bevute, sconferma, le cupe previsioni degli espertoni.

Monsieur Michel se ne sta in pensione, seduto sulla sua sedia a dondolo. Così lo conobbi, alcuni anni fa, durante una mia scorribanda in Champagne. Ora ci sono la figlia ed il genero che si prendono cura, con tanta passione, dei vigneti, situati a Vertus e Le Mesnil sur Oger.

Sette anni sui lieviti e il calice sembra contenga oro liquido.
Tanto il naso quanto, la bocca, sono, in primis, un monolite di gesso. Poi arrivano altre belle cose, in (con)vincente assonanza olfatto-palato. Si va di fiori bianchi, anche maturi (camomilla), nocciola, crema pasticcera, cedro e albicocca confit. Sorso affilato e mai tagliente, ricco, cremoso e privo di finzioni.
Finale sapido e molto lungo, tutto gesso e caffè in grani.

Già sai che ai piccoli rm manca, sovente, più di un tot (qui fin dall’etichetta), rispetto ai flaconi delle grandi maison.


Sempre più certezze da questo millesimo. Marescialla, s’il te plaît.

La porta verde

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gdf 12 minuti + Luca Coslovich

Il Conte Coslovich, superata l'età del Piccolo Principe abusa comunque di cappotto e sciarpona di cashmere, ma il vero clima della giornata lo rivela la ragazza francese alla stazione, quella che è arrivata stamattina,  forse proveniente da Nizza con gambaletti di filo di Scozia al polpaccio su gamba cruda; mini gonna Carnaby Street anni '70, camicetta senza maniche strappategli via da chissà chi, dove e quando, e giubbottino appellicciato ; appeso al dito indice.

Da dove arriverà? dove andrà? sarà in transito? sicuramente non al capolinea. Me lo potrei anche chiedere con maggior diligenza ma ormai il convoglio sta ripartendo. I gradi sono 17, i suoi anni forse 18, in caso contrario la pena probabilmente superiore.


Eccoci nella piazza dei mercanti dei fiori, nella città dei fuori,  dove non v'è più traccia di chioschi che ne cedano un petalo. Però, zappando e zappando tra i ciotoli, anche in giro per la città delle serre vuote di contenuti ma con speranza di ulteriori speculazioni edilizie, quella degli assenteisti con doppio lavoro, dei disoccupati affaticati e degli alcolisti part-time, anche qui qualche cosa da fare con una forchetta in mano alla fine si trova.

Il miraggio di una vera trattoria nella città delle canzonette -dove si mangia mediamente male- e dove il concetto di cucina territoriale resta lì, nebuloso, disperso nel meraviglioso clima emoliente dicembrino, non trova ombrello abbastanza grande da poter rimanere aperto.

Questo si, questo bel clima ce lo teniamo ben stretto, alla faccia delle rare e rarefatte bollette dell'Eni.

Quanto alla cucina -perché di questo parliamo incredibilmente oggi in maniera fuorviante dalla città delle canzonette - o almeno, ci proviamo, in maniera imperfetta di lessico, lessico e nuvole. Ci proviamo io e il Duca Conte Battutista, almeno nelle intenzioni, e in diverse soluzioni pratiche.

Qui da Simona, che in veneto suonerebbe meglio -ci vuole un attimo ma poi arriva- , si, comunque sia qui ci siamo, o ci possiamo convivere, volendolo fare con passione, questo mestiere, quello dei commentatori di tagliatelle.

Dal medico no, ma due visitine qui si: una discreta ed una ostentata.  Referto netto, cucina onesta e, ovviamente, anche la musica non mancherà in serate programmate, condividendo modaioli taglieri. Furono buone tagliatelle fatte qui, condite da convincente ragù, e poi moscardini affogati, ed anche l'estinta trippa e fagioli ... e oggi altro, proprio - casualmente- nel giorno del compleanno dell'elettrizzante Simona, che se non ci fosse bisognerebbe crearla con una simulazione digitale : Sim-One.











Il mio tavolo solare condiviso con l'alcolico Conte Coslovich, la vodka che Volevich

Pane buono, prosciutto di Parma tambien, e Rossese in memoria di quel vecchio amico che si chiamava Ezio Guglielmi

Polpo arrosto al rosmarino, come fosse una carne di mare, purè di fave secche

Scintillanti acciughe fresche appena marinate

La mano di Maria -è la cuoca- si declina al verde con disinvoltura belinense, anche se lei è  barese.
La similitudine tra la cucina in bianco e in verde tra Liguria e Puglia non gli consente di sbagliare un classico che non necessita di didascalia

Questa è invece proprio Puglia, o abbastanza, con i cavatelli tirati a mano, sugo avvolgente .. aglio senza paura, e cozze


Una torta non comprata all'angolo, ma infornata stamattina, di pere e noci, e quindi tutto torna, come stamattina alla stazione

Simona mediatica con il pc : adesso arriviamo

La piazza dei fiori senza più i chioschi dei fiori, ma con Duomo restaurato, visto di spalle

Luca di fronte

gdf di profilo


Sette albe al tramonto

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Marco 50&50

Sette Albe, il Biodinamico di Fausto Andi ottenuto da uve Bonarda coltivate senza alcuna aggiunta, modifica o filtrazione, come da copione all’apertura mi ha lasciato perplesso e poi solare però, non posso non riconoscere, infatti, che si sia fatto apprezzare non so se per i suoi quindici gradi e mezzo o per la piacevolezza della serata in un locale accogliente per disposizione e temperatura e per il garbo di Gilberto Farina, assistito in sala dalla gentile Greta.
In cantina oltre quattrocento etichette, molte lombarde, alcune proposte anche al bicchiere, una discreta scelta di bollicine, birre artigianali e qualche vino del mese “in offerta”.



In carta, spesso e volentieri trippa&cassoeula e poi ancora dalla cucina, che utilizza alcuni presidi slow food, gnocchi di patate con la biancona di Oreno* zuppa di cipolle, riso al salto (sempre notevole nelle mie visite precedenti), lavarello del Lario spinato alle erbe (una buona alternativa, sempre in carta, ai sapori più decisi dei piatti della gastronomia milanese e brianzola a base di carne e polenta), lumache alla Bourguignonne (di bell’aspetto, lo posso affermare dopo il lancio di una di esse effettuato dalla mora seduta al tavolo accanto nella mia direzione), l’ottima luganega di Monza di Gigi Viganò, i mondeghili (provati tempo fa e da riprovare al più presto), selezioni di salumi, una scelta tra sete otto dolci e, in questo periodo, anche un menù a base di zucca proposto ad un prezzo davvero concorrenziale.



*La patata di Oreno (Biancona) è certificata prodotto agricolo di eccellenza attraverso il marchio di qualità “Made in Brianza” riconosciuto dalla CCIAA di Monza e Brianza che garantisce il rispetto di un disciplinare di produzione.
E’ una patata a pasta bianca, farinosa, dal sapore particolarmente ricco e intenso.
Territorialità di coltivazione : Oreno ed il Vimercatese.



Il mio piccolo percorso, iniziato al tramonto di martedì quindici dicembre e terminato in prossimità del sedici, inizia con un bel cestino di pane e grissini e con una Millefoglie di riso croccante (una sorta di riso al salto ma passato in forno) con ragù di pasta di salame fresca e porri fritti a guarnire


A seguire una bella porzione di Stracotto d’asino al barbera con polenta rustica integrale


Prima del dolce la Gran selezione di formaggi La Piana (in accompagnamento le ottime composte di pomodori verdi, fragola&peperone, arancia&cipolla) i quattro al centro del piatto sono di capra e arrivano a Carate Brianza grazie alla passione di Gilberto e di Fabio Bonzi, un piccolo produttore di San Giovanni Bianco.

In carta o nel piatto, tra gli altri, sarà possibile assaggiare, Bitto storico, Agrì di Valtorta, Stracchino all’antica delle Valli Orobie, Formai de Mut dop, Gorgonzola naturale, Castelmagno dop, Bettelmatt Alpe Regina Estate 2014 e una bella selezione di pecorini.


Se non bastasse La Piana si fregia dell’attestato di Locale del buon Formaggio nonché quello di Buona Cucina Touring, Corona Radiosa Gatti&Massobrio, Locale del Buon Ricordo, Slow Cooking, la chiocciolina nella email info@ristorantelapiana.it e quella di Osterie d’Italia.



Un buon Creme caramel col caramello che parla incomprensibilmente a bassa voce, un po’ come il conto e questo è già più comprensibile.



L’immagine presa dal Web di una delle due accoglienti e ben riscaldate salette piene in ogni ordine di posti

Questa vecchia cascina gradevolmente ristrutturata nel centro di Carate, con un bel dehors (chiuso e riscaldato e quindi fruibile anche nelle stagioni più fredde) funziona, anche in settimana, è un locale lontano dalle mode del momento, con una buona cantina e una bella gestione, piatti della tradizione, formaggi di nicchia e prezzi bassi fanno il resto, da anni infatti è punto di ristoro sicuro per i viandanti brianzoli, sempre che non si presentino domenica sera o lunedì.


Prima di uscire mi omaggiano del piatto del Buon Ricordo, lo tengo come promemoria, dovessi dimenticarmi, cosa altamente improbabile, di tornare.



M 50&50


La vostra non ci piace ... la vera classifica ce la facciamo noi

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Alcuni maligni che si aggirano intorno ai fatti di cucina internazionale sono convinti da anni di una cosa, e cioè che se la San Pellegrino fosse un po' più interessata al mercato vicino all'alta ristorazione francese, la classifica WBR 50 potrebbe essere un po' diversa.

I grandi ristoranti francesi troverebbero finalmente uno spazio di parcheggio ben più ampio, anche nelle zone nevralgiche, un po' come le "prime donne" che esigono un proprio spazio per parcheggiare il veicolo senza andare in difficoltà a causa della stupidità con la quale sono stati tracciati i margini dei parcheggi, troppo stretti, troppo defilati, senza parlare di quelli a lisca di pesce; i più infidi per le fiancate. Il loro idolo è Samantha l'astronauta, quella che il suo veicolo lo parcheggiava dove gli pareva, senza far tante manovre.

La manovra messa in atto dall'alto dal governo francese è ovviamente stata gestita alla "grandeur", e qui di seguito ben raccontata dall'amico Rocco Moliterni de La Stampa lo scorso 17 dicembre, che mi permetto di evidenziare in link e non rimasterizzare, tanto è esaustivo l'originale.

Senza inviti, oppure si, ma senza pounds, le cose possono cambiare, e non di poco, anche a favore degli italiani

A chi fosse sfuggito, ecco il link

Qui invece i primi 30 ristoranti del mondo secondo "La Liste" realizzata attraverso un algoritmo che paragona e incasella i dati delle Guide di tutti i paesi, classifiche e pareri degli utenti. La Liste è guidata da Brigitte e Benoit Violier dell'Hotel de Ville di Crissier ... si proprio quello là, vicino a Losanna, dove prima Fredy Girardet e in seguito Philippe Rochat hanno scritto alcune tra le pagine più alte della gastronomia mondiale, e quindi: perché no? Oui! J'adore.

1. Restaurant de l’Hôtel de Ville, Crissier (Svizzera)
2. Per Se, New York (Usa)
3. Kyo Aji, Tokyo (Giappone)
4. Guy Savoy, Paris (Francia)
5. Schauenstein, Fürstenau (Svizzera)
6. El Celler de Can Roca, Gérone (Spagna)
7. Kyubei, Tokyo (Giappone)
8. Maison Troisgros, Roanne (Francia)
9. Auberge du Vieux Puits, Fontjoncouse (Francia)
10. Joël Robuchon, Tokyo (Giappone)
11. Régis et Jacques Marcon, Saint-Bonnet-le-Froid (Francia)
12. Flocon de Sel, Megeve Leutaz (Francia)
13. Les Prés d’Eugénie – Michel Guérard, Eugénie-les-Bains (Francia)
14. Nihonryori Ryugin, Tokyo (Giappone)
15. Martin Berasategui, Lasarte-Oria (Spagna)
16. Pierre Gagnaire, Paris (Francia)
17. Le Louis XV – Alain Ducasse, Monté-Carlo (Monaco)
18. Osteria Francescana, Modène (Italia)
19. Le Bernardin, New-York (Usa)
20. Le Pré Catelan, Paris (Francia)
21. De Librije, Zwolle (Paesi Bassi)
22. Le Calandre, Rubano (Italia)
23. De Leest, Vaassen (Paesi Bassi)
24. Kyo-ryori Nakamura, Kyoto (Giappone)
25. Matsukawa, Tokyo (Giappone)
26. Azurmendi, Larrabetzu (Spagna)
27. Sant Pau, Sant Pol del Mar (Spagna)
28. Quintessence, Tokyo (Giappone)
29. Lameloise, Chagny (Francia)
30. Schwarzwaldstube, Baiersbronn (Germania)

Gli altri italiani: 36. La Pergola di Roma. 61. Dal Pescatore di Canneto sull'Oglio. 74. il Reale di Castel di Sangro. 78. Piazza Duomo di Alba. 83. La Madia di Licata. 86. Uliassi a Senigallia. 90. Da Vittorio Brusaporto. 91 St. Hubertus e centesimo Vissani.

Sotto questo sole, un regalo di Natale

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20 è il giorno del mese, 12 è il mese dell'anno, 20 i gradi della temperatura dell'aria,  24 gli anni del cuoco, 2 il numero di anni dallo stellaggio, 38 il prezzo del menù da 5 portate, ma volendo esagerare, come questo clima folle che mi consente di pranzare all'aperto e sotto un sole cocente ... volendo esagerare ce ne sarebbe anche uno da 45, da portate 6: un vero regalo di Natale.

Chi se lo vuole prendere il regalo di Natale?


Dunque Monsieur L'Inspecteur si è messo nuovamente a tavola qui (almeno due volte) e ha confermato la stellina al più giovine cuciniere stellato d'Italia, che dovrebbe - a occhio - essere rimasto tale anche quest'anno, essendo nato Augusto Valzelli il 24 gennaio 1991, a Brescia.

Ma nonostante le origini e l'accento mantenuto, anche per quest'inverno non si prevedono ne' manzo all'olio, ne' uccellini sparati allo spiedo. E come si potrebbe osare osei qui,  con questo caldo, anche se qualche stormo di tordi di passo passa. Altro che Beretta in testa o sotto braccio, qui si sta in mezze maniche e sugo in bianco di frutti di mare.

La sua nuova e giovanissima aiutante (Giorgia) arriva da Varese, dal classico ristorante Annetta, giù sul lungolago -ah, quanti bei ricordi: Annetta da una parte e Massimo Sola dall'altra, ed io con Maurizio Santinon nel mezzo, alla Schiranna- mentre il solido Daniele Allegretti da Novara -barman maitre- completa il trittico piemontese lombardo, coadiuvato da altri bravi collaboratori: in sala, pardon, in terrazza l'elegante Michael, e under ground Linus, che copre tutti con la sua coperta di sorrisi nei momenti di difficoltà.

Tutti insieme contribuiscono a sostenere il peso del blasone del locale. Monsieur L'Inspecteur deve avere però chiuso un occhio e mezzo sulla carta dei vini -oggettivamente da riprendere e integrare in maniera percepibile- quasi a dimostrare che la stella qui è un vero riconoscimento alla sola cucina.

Del resto, essendo qui tutti dipendenti, e neppure in condizioni privilegiate, sarebbe onere della proprietà intervenire in quel senso. Ok, l'aspetto enologico interessa sempre meno il cliente medio, ma qui siamo scesi un po' troppo sotto la media.


La clientela qui in darsena è forzatamente varia, di origine e di gusti molto diversi. Se, per esempio, ti capitassero questi, sarebbe un peccato non far loro incontrare bottiglie degne della loro carta di credito.

In comune, tra fenomeni locali e d'altrove, o comunque per chi si interessa con più attenzione a quello che gli arriva nel piatto, quel che si evidenzia nei commenti percettibili, de la bouche à l'oreille o sul web, è quel senso di incompiuto, come se da un locale Stella Michelin ci si dovesse aspettare chissà quali corbellerie culinarie sovra esposte. Sento dire qua e là: da uno stellato ci si aspetterebbe più fantasia, più creatività ... Saranno andati a mangiare dagli altri in zona? Fantasia? Creatività? Se mi dite dove, volentieri.



Bha, poi magari sono gli stessi che ordinano il crudo, il fritto, la grigliata e si lamentano delle mancanze delle trenette al pesto. Comunque sia, guardiamo questi piatti dal menù 38 (trentotto euro) tenendo pure conto che tutti sono ben riusciti, portando quindi il livello del rapporto qualità prezzo molto più in alto del prezzo stesso, al limite dell'antieconomico, ma il numero 38 è ormai inteso come la soglia di partenza da non superare da queste parti. A beneficiarne è soprattutto il cliente, che se la godrà al meglio, sotto questo sole, e pure senza yacht o carta di credito.

Amuse bouche : crema tiepida di patate e porri con gambero arrostito

Lo spritz secondo Daniele

Una delle migliori bottiglie in carta ...

Pane alle olive taggiasche e alla polvere di capperi. Burro montato alla vaniglia Bourbon

Frittelline di rossetti e bastoncini di zucchine, salsa e giardiniera di frutta e verdura in agrodolce

L'equilibrismo -riuscito- tra la triglia all'unilaterale, la fine crema di zucca e la polvere di caffè


Augusto è cintura nera bresciana di risotto, tanto da permettersi di presentare questo -con carciofi cotti e gamberi crudi- in coppa Martini senza che qualche liquido non incorporato dagli amidi e dalla mantecatura gli finisca sul fondo. Finitura di crumble d'acciuga e gocce di Bitter, ma essendo in coppa Martini ed avendo a disposizione Daniele, ottimo barman, perché non gocciarci sopra un vero Martini?

I gamberi crudi sono sul fondo, ben separati dal risotto ai carciofi

L'autunnale palamita ai semi di papavero, su pennellata di senape, carciofi, funghi, olive e riga di peperone arrostito


Impero è il fiume di Imperia ma potrebbe anche diventare il titolo acquisito di questo formidabile dolce non dolce che sa di olio e limone. Si tratta di un dessert molto tecnico ma per nulla bizzarro, degno di rappresentare un elegante finale di menù di cucina bianca dell'entroterra, di cui tanto si parla ma dove per nulla si razzola.

Cagliata al limone -senza addensanti- arricchita da frutta secca in diverse consistenze (ci sono anche i mandorli oltre agli ulivi qui sopra a Imperia) e finita con olio nuovo ... veramente notevole, dosando l'olio con criterio.

Se io producessi olio a Imperia e dintorni chiederei al Valzelli di vendermi e codificare la ricetta, ma siccome io non produco olio ma parole, non piacesse in Liguria, questo Agrodolce Valzelli è facilmente riproducibile anche con olio del Garda, sponda bresciana.


Annata un po' del cz per la musica e per il vino il 1991 caro Arturo -così lo chiamano affettuosamente i vicini tdm in darsena- , gli anni '80 erano già andati. Qui ci vorrebbe un consiglio giovane del nostro Dj Il Duca dell'Armadillo Bar millesimato 1961.  Nel frattempo c'è questo, difficilmente fuori tempo.



gdf - spirito puro 

Restaurant d'habituè

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La stessa Michelin, ancor prima di prendere la parola all'inizio del nuovo Millennio, ne spendeva comunque due già da prima, quando era il caso di specificare che il locale iconizzato in guida da pochi segni convenzionali, non era un locale "normale" ma bensì un luogo dove -oltre a mangiar bene- si sarebbe potuta vivere anche una situazione speciale, o comunque originale.

Ci devono essere delle condizioni speciali per creare questa atmosfera, questa rara collisione tra clienti, patron, cuoco, avventori di vario genere, ed appunto, gli habituè; tutti insieme per chiudere un cerchio dove ad una certa ora non ci potrà più entrare nessuno, salvo per osservare una ventina di persone che si stanno divertendo, bevendo e mangiando, conversando senza barriere, orchestrate dal patron, abile a non far sentire nessuno inutile o semplice bipede pagante.

Qui, come un direttore d'orchestra, è l'amico Pasquale, sotto Natale, a richiamare al proprio ruolo specifico ogni musicista, secondo il proprio talento o la propria personalità, finalmente rivelata dopo un paio di bicchieri ben assestati.

Il ristorante è al completo già all'ora di pranzo di mezza settimana, (locale da ticket medio da 60/70 euro) e la conversazione si allarga, da un tavolo all'altro, tra commensali che si sono conosciuti oggi, mescolati a quelli che qui sono di casa da tempo, e quelli che lo diventeranno; quelli che come me entreranno a far parte del Club degli Habitué dell'Hanbury


Pasquale, effervescente patron del ristorante Hanbury di Ventimiglia, a due passi dalla stazione FS

I gamberi crudi di Sanremo in guscio e salsa di frutti della passione

Polpetti (o moscardini?) arrostiti con carciofi e crema di patate

Il baccalà morbido su crema di zucca, cime di rapa e anelli di cipolla fritta

Bavarese di castagne al caramello

E infine Stefano, uno già abituato a reggere lo standard Michelin, così come lo potrebbe essere questo bel locale; e allora perché non provarci?


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Teo alla cena di gala

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Marco 50&50

Teo, ricordati che è una cena di gala, non fumare a tavola, non mangiare con le mani, non toccarti i capelli mentre mangi, stai seduto composto

Seduti a schiena diritta, non stravaccati, gambe composte e non accavallate, col tovagliolo sulle ginocchia, anche se alcuni locali consegnano al cliente un bavaglino V.M. 18 per favorire l'attacco frontale alle linguine all'astice, mentre dovrebbe essere la forchetta a dirigersi verso la bocca e non il corpo che va incontro alla posata.

I gomiti non andrebbero mai appoggiati al tavolo, invece adesso, oltre ai gomiti, sul tavolo si vedono sempre più spesso dispositivi elettronici di ogni genere, forma e dimensione, chiavi della macchina, di casa, occhiali da vista e da sole, accendino, sigarette, il piattino del pane scambiato per uno scaricatasche, forse è per questo che alcuni ristoratori, demotivati, l'hanno abolito e hanno sostituito la tovaglia con un antiestetico runner o con una mise en place "della corsa".

Semplici avventori, appassionati food blogger o gastrofanatici con i loro cannoni per la foto ricordo che intiepidisce il piatto, il calore tra i commensali ed eventuali bollenti spiriti, sembrano piuttosto fotografi di guerra, inviati al fronte, la fronte e il resto del corpo difficilmente al proprio posto per tutta la durata del pasto, come dovrebbe essere.

Bocche semiaperte e masticanti, rumori di fondo, la scarpetta sul fondo bruno, mignoli vaganti come le posate abbandonate in posizioni assurde, il Kamasutra del cucchiaio, la teoria prima della pratica, in teoria...donne troppo profumate, centri tavola fioriti dai profumi troppo invadenti, inevitabili segni di rossetto, ricordo di una rossa su un bicchiere di Rossese. 

Non andrebbe mai lasciato nulla nel piatto a fine pasto, le regole fondamentali per un adeguato comportamento a tavola non sono cambiate molto con l'evolversi dei costumi, eppure c'è gente che mangia in costume a piedi semi nudi, semi d'anguria ovunque, il copricostume inesistente..

Dolce o gelato dopo il formaggio e prima della frutta, se il dolce è esotico e si prevede un fine serata erotico è tacitamente consentito un gomito a gomito o un eventuale piedino con la dirimpettaia, non in contemporanea, possibilmente, negli altri casi la distanza tra i commensali dovrebbe consentire di capirsi senza sfiorarsi, vicinanza di sicurezza insomma.

Certo l'astina della rigorosità tende ad indicare diversi livelli a seconda del contesto e del grado di parentela, amicizia, conoscenza carnale od occasionale, ma le regole sono fatte per essere rispettate, ogni trasgressore sarà punito, io una punizione in mente ce l'avrei, speriamo perseveri.


Non fumare a tavola, non mangiare con le mani, non toccarti i capelli mentre mangi, stai seduta composta

M 50&50


Il venerdì del Dj : Veuve Clicquot Ponsardin Champagne La Grande Dame 1998

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È la cuvée de prestige, creata nel 1972, con il millesimo 1962, per solennizzare il bicentenario della Maison e, soprattutto, costituisce il supremo omaggio a Madame Barbe Nicole Clicquot, la cui abilissima opera è stata indispensabile per l’espansione e la nomea di questo marchio.

LaGrande Dame, elaborata solo nelle annate eccezionali, è un assemblaggio a dominanza Pinot Nero – solitamente per due terzi - e saldo di Chardonnay. Solamente uve da vigneti di proprietà, di 8 villaggi Grand Cru: Le-Mesnil, Avize, e Oger per lo Chardonnay, Bouzy, Verzenay, Verzy, Aÿ e Ambonnay per la bacca nera. Tra i sette e dieci anni sur lattes e remuagemanuale. Il mio flacone ha già una botta di vita dal dégorgement (6 anni).

Perlage sottilissimo, con il naso, elegante e vivissimo, ma non troppo complesso, che inforca dritto la via, raffinata, dell’oriente – pepe bianco, cannella e zafferano – mentre si inseriscono, con l’ossigenazione, burro e mela cotogna, fragranze agrumate e di mandorla tostata, con il profilo minerale appena imbastito e semi-nascosto.

Una bocca freschissima e pressochè simmetrica, continua il viaggio a levante, ripresentando una fine trama speziata – zafferano a nastro – cui si accompagnano sensazioni di malto, con nette percezioni di albicocca e agrumi canditi, mentre l’aspetto minerale permane in fase di stallo, o giù di lì.
Palato instancabilmente vellutato e vibrante, per sorsi di gran tensione, dal finale speziatissimo e lungamente persistente.


Non la bevuta della vita, tuttavia una boccia che vedo ancora in crescita e, chissà, potrebbe diventare travolgente, nel volgere di qualche anno.

Uno sguardo all'orizzonte

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del Guardiano del Faro


Con il cuciniere Pinerolese Emanuele Donalisio e con il professore ventimigliese Pierangelo Fazio -proprietario della tenuta- andiamo ad esplorare questo ettaro e mezzo di terreno in pendenza, di cui 3500 metri coltivati.

Pierangelo, un uomo che guarda lontano, potendolo fare in ben quattro direzioni, Ponente, Levante, verso il mare e verso l'entroterra, quindi senza annoiarsi, mentre cammina in mezzo alla sua proprietà, percorrendo la Via Julia Augusta, il cui percorso è ben più tortuoso di quello dell'Aurelia, proprio perché l'Imperatore Augusto sapeva guardare lontano, volendo collegare Roma addirittura ad Arles, attraversando quindi Lazio, Toscana, Emilia, Liguria, Costa Azzurra e Provenza classica. Oggi la Julia non è forse neppure più una grappa di moda, e anche qui, a due passi si interrompe, e solo a strappi raggiunge finalmente l'ambito Trofeo de La Turbie.  


Pierangelo Fazio, professore di scienze con l'hobby della botanica, ci conduce lungo un tratto della strada romana in direzione delle sue coltivazioni visionarie, coltivazioni sperimentali di piante da frutto tropicali, nel comune di Ventimiglia, a picco sul mare, dove l'eucalipto emana profumi di essenze balsamiche che si mischiano con le fragranze marine.


Fuori dalla via Julia il percorso diventa impervio quando non accidentato. La vegetazione, lasciata per troppi anni libera di aggredire ed inglobare le vecchie serre in cemento, si stava riprendendo tutto.

Fasce, come qui sono definite, alias terrazze di terra e pietre rimaste per vent'anni senza un controllo per via di problemi ormai superati, dopo di che Pierangelo si è tirato su le maniche -tutte e due- ed ha iniziato, da pochi anni, a combattere una nuova battaglia, ripulendo e ripiantando.

Una battaglia stavolta fruttifera, da combattere con o contro la flora selvaggia o civilizzata che sia, al fine di creare uno spazio abbastanza ampio, dove il suo sogno visionario si potesse materializzare. Un sogno degno di quelli di Thomas Hanbury o Clarence Bicknell, quei due che già un secolo e mezzo fa avevano vinto la loro sfida, credendo che qui -tra Bordighera e il confine francese- si potessero ambientare piante provenienti da ogni parte del mondo, con particolare attenzione a quelle provenienti da paesi tropicali o equatoriali.


In realtà già il padre di Pierangelo aveva sperimentato con successo la prima coltivazione di orchidee italiane negli anni '60, e il terreno ancora ne restituisce testimonianza selvaggia. Questa qui sotto non sarà bellissima ma trasmette una forza ed un carattere pari a quello dell'uomo che in mezzo a ciotoli, erbacce, pietre, vetro e cemento armato ha seminato, innestato o ripiantato specie botaniche che producono deliziosi frutti esotici, che hanno nomi talmente estranei alle nostre consuetudini da rendere necessaria un'introduzione lessicale apposita. Un repertorio di nomi ed un glossario specifico, per evitare di sbagliare le didascalie, che infatti non mi permetto di aggiungere, per non svilire il lavoro e la passione di quest'uomo.


Mi dice che sono in tre in Italia a riuscire a guardare così lontano da vedere nitidamente le coste del Brasile, ma gli altri due stanno in Sicilia e in Calabria. Farlo, qui, ai confini dell'Impero, tra le torri di guardia Romane è tutto un altro affare. Certo, il clima negli ultimi anni si è dimostrato sempre più favorevole, e il 2015 ha rafforzato la convinzione che qui si possa far germogliare qualsiasi cosa, e non solo le zucchine trombetta. Qui, dove Pierangelo ed il suo esperto aiutante equadoregno, Guido, portano avanti un progetto ancora sperimentale, che potrebbe andare a regime produttivo e commerciale a partire dal 2017. Molte piante sono giovanissime, e soprattutto delicatissime. Alcune vanno protette sotto le vecchie vetrate, in parte andate a pezzi, così favorendo un ricambio dell'aria marina umida e di quella secca dell'entroerra che ripulisce il terreno dall'eccesso di insetti indigeni, che sembrano aver trovato una pacifica condizione comune di sopravvivenza con queste piante forestiere, tenendo pure conto che alcune di queste, morirebbero più facilmente non a causa di malattie ma bensì di freddo, precisando che per loro il freddo mortale è rappresentato dalla tacca sul termometro corrispondente al + 5. Più cinque, non meno cinque ...


Frutti e fiori. Dal profumo e dal sapore esotico, alcuni ancora solo da immaginare, mentre altri sono già pronti per essere colti ed assaggiati, e che hanno questi nomi evocativi : mango, frutti e fiori della passione, lime, guava, cherimoya, granadilla normale o gigante, passiflora flavicarpa ...




Granadilla gigante








E ancora grazie a Pierangelo, preziosa guida attraverso un mondo diverso, in una mattinata diversa, diversamente impegnativa, ma anche oggi si è fatta una certa, e quindi come rifiutare il tenerissimo e gustosissimo giambonetto di faraona farcito di Emanuele Donalisio del Giardino del Gusto di xxmiglia ...

gdf

Leggere di vino bevendo birra

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gdf 17 minuti


Questo nuovo libro che parla di vino in maniera assai originale è di Roberto Cipresso, mentre la birra che ho scelto per accompagnare le prime pagine -già 30- sa di eucalipto. Birra, vino, eucalipto. Dove starà il nesso?

Il libro mi affanna il polso -600 pagine x 650 grammi- ma si presenta agile e scorrevole alla lettura. L'attenzione mi si sposta alternativamente dai vini toscani alla birra romana. I vini toscani difficili da rendere in sintesi ma più digeribili da leggere che da bere, e abili ad aprire la strada a questa birra straordinaria, romana di nascita ma dall'accento belga, già evidente dal primo sorso. Esisterà un accento belga?

Esiste sicuramente un vino così in Toscana, atipico, se no non piacerebbe. Sa proprio di eucalipto; si chiama Lupicaia, quello identificabile immediatamente al naso e che non potrà fare a meno di far percepire ai grandissimi nasi l'inequivocabile profumo di foglia di eucalipto.

Oggi so che esiste anche una birra trappista italiana -mi dicono più unica che rara- prodotta nell'Abbazia delle Tre Fontane, in via della Acque Salvie, a Roma, e che sa di eucalipto.

La gradazione è congrua alla lettura di un libro dall'immediato accento toscano, accento che sa di vino morbido a 14 gradi, supportando invece l'assaggio di bretzel, con la birra, e con i suoi 8,5 di coefficente. Il bicchiere è quello che stona visibilmente nel contesto, mentre tra birra e libro sembra ci sia empatia, o comunque sembra si sopportino,

Lontano dal concetto di birretta beverina, la Tre Fontane si fa valere anche al momento di pagarla; non meno di 6 euro per questa 0,33, ma che tradotto in termini di bottiglia di vino equivarrebbero a circa 15. 

Non poco direbbero gli enofili, che per 15 euro sarebbero in grado di indicare dozzine di etichette di valore, e per di più per un prodotto -il vino- che si può fare solo una volta l'anno, mentre la birra ... Si, ma, vuoi mettere bersi una vera birra trappista italiana? E allora? Quanto costano quelle delle Abbazie di lassù, quelle che non fanno compromessi, quelle che si producono come il vino, solo in certi periodi dell'anno.

Le briciole del bretzel cominciano ad infastidire la lettura. La birra, prima una e poi la seconda cominciano ad incidere sulla comprensione dei concetti. La lettura si fa difficoltosa, eppure poco prima tutto scorreva come un liquido fluido, mentre ora la birra si fa sentire, più dei Brunelli e dei Chianti. Non c'è nulla da fare, io con i vini toscani farò sempre fatica a conversare, mentre su questa birra da meditazione canto. 

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Lo storione tornerà di moda come l'optical anni '70

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No, non è un bagno schiuma sottoposto all'effetto di un getto d'acqua calda, però se la lasci fare, questa schiuma sarà in grado di riempire un'intera vasca da bagno, o un'intera cucina. La curiosa "tecnica" messa in pratica da Piero Bregliano, cuor di Leone del "Come a Casa" di Ospedaletti non si basa sul consueto uso di minipimer da immergere in una soluzione liquida addizionata da lecitina, ma bensì si avvale  di un particolare zucchero disciolto; in questo caso, in acqua e limoncello.

A far partire "l'effetto speciale" ci penserà poi un ossigenatore confiscato ad un acquario improduttivo,  il medesimo che qui ritrova un nuovo scopo, quello di dar vita ad un pesce fuori moda. Ossigenatore di idee che se non lo fermi in tempo sarà in grado di creare una nuvola di limoncello ubriacante capace di avvolgere tutti quanti, come all'uscita di quel cinema dove si proiettava Blob.


Ma oggi l'argomento prioritario è lo storione e il suo caviale, perché questo sarà uno dei due temi che affronteranno i candidati a rappresentare l'Italia al concorso mondiale di cucina Bocuse d'Or, le cui selezioni italiane si terranno tra il 31 gennaio e il primo di febbraio 2016 ad Alba, di fronte ad un Parterre de Rois. Uno degli sponsor della manifestazione sarà proprio Calvisius, azienda lombarda che già dagli anni '70 iniziò ad allevare storioni, ed in seguito a confezionare anche il prezioso caviale italiano. 

Negli anni '80 questo prodotto ebbe un discreto successo, e sulla carta di molti top restaurant italiani la presenza dello storione fu costante. Poi, le mode, ah, le mode ... il petto d'anatra francese,  il salmone norvegese, il carrè d'agnello neo-zelandese, il foie gras ungherese, il piccione di Vercelli ... e dalla parte ittica del menù invece -da decenni- le capesante. Le capesante americane, quelle che una volta puzzano di stoccafisso, una volta hanno dentro la fastidiosa sabbietta, e qualche volta, a sorpresa, sono anche buone. 

Bha, speriamo che, anche grazie alla botta di comunicazione mirata sullo storione, tra gli addetti ai lavori, vedremo se lo storione potrà sostituire in qualche modo le capesante nell'immaginario limitato del cliente medio parvenu, lasciando a loro -alle vere St Jacques- il titolo di alloro riservato a chi completa il Camino di Santiago o quello verso la Bretagna.



No, non è ancora in carta, ma dopo questo riuscito esperimento, lo storione al vapore in schiuma di limoncello, panna acida e caviale,  spero andrà a sfidare l'ennesima capasanta americana ;-)

Un cubetto di terrina di faraona con gelatina di limone

Eccole! Immancabili anche qui: le capesante americane (sopportabile questa qualità distribuita da Selecta) abbinate a spinacino crudo e pomata di barbabietola rossa

Croccante frittella (tempura) di baccalà con composta di arancia e cipolla confit

Il tonno tonnato ...

Acciughe diliscate, ricomposte e fritte in "pasta fillo". Endivia brasata

L'invernale zuppa di farro, fagioli di Pigna e topinambour

Del tonno non si butta nulla, e quindi perché non fare un ricco sugo speziato con le parti più adeguate?

Esce dalle nuvole ubriacanti di limoncello  -ma ci starebbe bene pure la vodka a questo punto- il lingotto di storione al vapore arricchito da panna acida e caviale. 

I dessert dell'ambiziosa Licia Casella: millefoglie di tegole croccanti all'arancio, ganache di cioccolato bianco e Cointreau ... mirtilli e lamponi: estetica e gusto ...

... e il crumble con fichi caramellati e speziati, soffio di meringa

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... e infine un ricordo optical di Sophie, Anne Sophie
Optical senza zampa d'elefante

La Cinque sulla ruota di Napoli

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Marco 50&50
 
Quanto le devo ?
Due e quaranta.
Mi consegna il vassoio con le due aragostine, due euro e sessanta ed una frase che mi spinge a scrivere un post, perché quando mi sento dire, un attimo che cerco la cinque, so benissimo che non sta cercando di sintonizzarsi su un canale satellitare e sorrido.

Questo è un luogo di culto, i praticanti sono numerosissimi, mettete in conto una coda (d'aragostina), se poi, a San Giuseppe, dovesse venirvi voglia di una zeppola, dovrete mettervi in fila dalla sera prima, come fate per ogni nuovo IPHONE, inutilmente, perché se chiedete a Siri: zeppola di San Giuseppe, vi dirà, comunque, di recarvi da Cuciniello.

"Napoli tre cose tiene belle: mare vesuvio e sfogliatelle" e se la pronuncia non è la stessa, il senso è unico e che sia riccia, frolla, Santa Rosa o Aragostina, poco cambia, sono soddisfazioni inimmaginabili e indescrivibili con un aggettivo "normale" per lombardi abituati ad una diplomatica, tuttalpiù ad un cannoncino che spara palle poco lontano, qui altro che palle, siamo di fronte a qualcosa che genera un sorriso senza confine né soluzione di continuità.

Certo
se quando sentite Diego, pensate Armando

se per voi l'azzurro puffo non esiste

se gli azzurri non sono l'undici nazionale ma la ciurma di Higuain

se per le feste mangiate l'insalata di rinforzo

se al mattino leggete Il Mattino

se appena svegli date un'occhiata a Pignablog

se quando vedete le pizze a spicchi farcite in modo a dir poco fantasioso ridete quasi come se vi avessero proposto  una polenta con le vongole o, peggio, con un brasato d'asino che invece concepite o sotto forma di mascotte o vicino al bue

se non prendete nemmeno in considerazione di rinunciare al presepe per fare un albero argentato o dorato, comunque molto milanese (in fondo un pino marittimo con le palle non si può vedere)

se quando vedete Benvenuti al Sud, voi siete quelli "normali"

allora, evidentemente, vi chiederete cosa ci sia da stupirsi, in fondo per voi la sfogliatella è un rito quotidiano, è consuetudine, come vedere il cielo azzurro oltre le nuvole, ma quali nuvole se ce le avete soffiate tutte qui dicendo loro che al Sud non c'è lavoro, il problema è che ci hanno creduto e adesso che il lavoro non c'è nemmeno qui ci vorrebbe un Miracolo di San Gennaro per invertire la tendenza.

Mentre ascolto una vecchia (ma antica è meglio) melodia napoletana, il mezzo toscano che c'è in me spinge a sud avendo nettamente la meglio sul mezzo milanese, perché in fondo, come disse qualcuno, la napoletanità è uno stato dell'anima e non appartiene soltanto a chi nasce e vive a Napoli, ma può vivere in chiunque.

Se un giorno la mia cara Madonnina fosse costretta ad illuminare e vegliare solo su lombardi docg con passaporto a vista, i napoletani, loro malgrado, saranno costretti a fare lo stesso al momento della distribuzione degli spicchi, siano essi di sole o di pizza, ma, quando sarà il mio turno, mi sentirò dire, “ tu si nu miezz poeta può passà”

M 50&50

L'ultimo Capodanno

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del Guardiano del Faro


Caviale, Champagne, vodka: festeggiamo: è l'ultimo Capodanno. Era L'Ultimo Capodanno. Era il 1998, quando Monica Bellucci uccideva il compagno di vita che l'aveva tradita con un'amica. Lo fa fuori con un colpo di fucile da pesca dopo averlo sedotto e seduto da ore sul cesso. Suo complice un purgante servito elegantemente alla tavola di Capodanno. Monica prima rischia di farsi del male stappando una bottiglia di Champagne, poi, in preda ad una disperata crisi di frustazione si aggira affranta per casa, senza luce, senza slip, con addosso solo un reggiseno (rosso), ça va sans dire, e fa giustizia sommaria.


Qui ad Alassio ci si lascia senza drammi. Nessun tradimento. Le cose si sapevano già da tempo, ma un ripensamento poteva sempre ricomparire. Invece no, la storia finisce qui, tra una settimana. Ci sono modi e modi per lasciarsi. Io credo che le porte debbano per lo meno rimanere, se non aperte, almeno socchiuse, e questo sta succedendo tra due vecchi amici, compagni di viaggio per tanto tempo.

Scorrono i titoli di coda, tra l'asino, l'orso e un gdf ranger per un giorno. Si chiude questa storia, un capitolo di vita, e si volta pagina. I contenuti sono sempre stati tosti, tra uomini veri, e quindi neppure oggi sfugge una lacrima, a nessuno, perché oggi è festa. Caviale e vodka s.v.p


Più che altro mi spiace per chi, pur essendo stato per anni geograficamente vicino a questo luogo non ne ha approfittato, perdendosi oggettivamente qualcosa di bello e di significativo. Giorgio Servetto parte, è ufficiale. Una breve vacanza di lavoro a Parigi e poi, nella prossima primavera, prenderà possesso delle nuove cucine di uno degli alberghi più belli dell'intera Penisola, qui a due passi, a Villa della Pergola , calandosi in un'atmosfera pari o superiore a quella di un esclusivo Relais et Chateaux. 

Fino al 7 gennaio ci sarà però ancora tempo per gustare questi piatti, qui a La Locanda dell'Asino, piatti che già si sono mossi in quella direzione, in una condizione congrua ad una dimora storica dove il lusso e l'eleganza nel piatto, anche se non ostentato, è comunque richiesto.

Quindi chi andrà su alla Villa si sa, mentre il nome di chi prenderà il posto di Giorgio, qui alla Locanda non è ancora noto. Attendiamo qualche giorno, poi durante il periodo di chiusura invernale si saprà che cosa avrà deciso Gianni Gaibisso, patron della Locanda e dell'Hotel Baia Blu. A bientot les amis, in Villa o in Locanda.

Giorgio Servetto : l'ultimo Capodanno alla Locanda dell'Asino

La brava Valentina, new entry, proveniente dal Grand Hotel di Alassio

Una dolce spremuta di uva biodinamica ben matura

Cremoso di porri al vecchio aceto balsamico, verdure d'inverno all'agro e tegola di ceci

Straordinario salmone selvaggio delicatamente affumicato maison al legno d'ulivo, le sue uova, insalata di carciofi, riso soffiato e delicata maionese allo zenzero



Omaggio a Joel Robuchon: nasello alla coque, crema di cavolo romano, giardiniera di cavolo violetto, panna acida e caviale



Questo quando ci prende così bene lascia spazio a ben pochi pinot noir italiani

Gamberi, ceci e nocciole ... armonia e delicatezza

Sontuoso e non meno che sontuoso e godurioso Filetto Rossini.
Chapeau bas

Assoluto di cioccolato


E qui sotto, tra gli altri anche quel tartufino di cioccolato aromatizzato con essenza di Sambuca



gdf

The Beautiful Poulaster

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by marziapuntini per le immagini 

  gdf per il testo di nicchia 

Good Year per tutti




The Frontman (front-man), e cioè uomo fronte, fronte di uomo o uomo di fronte. L'inglese lo conosco poco e poco c'entra di solito con la cucina, ma in questo caso la provocazione della collaboratrice molto part-time di questo blog (marziapuntini) ha avuto un senso ed avrà un seguito; e così, il parallelo dovrebbe reggere, anche senza troppo entusiasmare le fans dell'uno o dell'altro. Figuriamoci se troveranno un accordo ... puntini puntini ...


Frontman in gergo musicale inglese indica ed individua il leader di un gruppo, pop, rock o altro, ma qualunque sia la musica, è lui quello che ci mette la faccia, il fisico, il carisma, il sudore d'ascella scoperta, il pelo sul petto, o anche no : in una PAROLA, la personalità; tra batterie e chitarre, tra alti e bassi.


Più o meno quel che succede tra induzioni e basse o alte temperature. Quelli che rischiano di picchiare the frontmen against the spigul in the cuisine every day.


Ovviamente la selezione la deve fare una donna, e qui il ruolo di marziapuntini diventa essenziale, lei che ha sopportato un gdf da ormai 20 anni, in perenne missione da un ristorante all'altro. E' evidente ... puntini puntini ... deve aver buttato un'occhiata non solo a cosa c'era nel piatto:  un occhio al ristorante, uno al video, insomma ... puntini puntini ... anche a chi dirigeva il gruppo di cucina, rock o pop che fosse.


E' in cantiere anche un progetto grafico e scultoreo che si concretizzerà in un riconoscimento di rilievo.  Il nome del premio non è ancora stato deciso, ma la tendenza è quella di andare verso "The Beautiful Poulaster". Ci fossero altre idee... ma per l'anno prossimo, per questo mi sembra che non ci siamo di nuovo fatti mancare niente ... puntini puntini ... e in ordine alfabetico


Massimiliano Alajmo


Enrico Bartolini


Andrea Berton

Carlo Cracco

Ernesto Iaccarino

Philippe Leveillé

Davide Oldani

Davide Palluda


Matteo Pisciotta

Andrea Ribaldone

Ivano Ricchebono

Davide Scabin

Luigi Taglienti

Cristiano Tomei


Mauro Uliassi

Ma il Premio Speciale  "marziapuntini 2015" va a ....
Lorenzo Viani !!!

I Know my chicken!



Il prossimo Capodanno

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Marco 50 & gdf 50

Ricevo un messaggio inequivocabile da Ilaria Spada: dopo aver girato Vacanze ai Caraibi, ho pensato di trascorrere qui anche le festività di fine anno, se hai voglia di vedermi sai dove trovarmi. Sperando di poter girare con lei il sequel porno soft della Spada nella roccia, parto immediatamente per Saint Barth.

Finalmente Ilaria ha preferito me a Kim Rossi Stuart, penso mentre la cerco lungomare sperando di incontrarla casualmente, al tramonto mi rassegno e la chiamo, ma dove sei le chiedo, Caraibi, St Barth, mi risponde, confuso le ribadisco, sono a St Barth anch'io e ho prenotato da Rollino. Mi spiace, anche volendo non ce la faccio a raggiungerti, non esistono voli diretti da St Barth a San Bartolomeo al Mare. Deluso, ma non rassegnato mi chiedo se sia il caso di contattare Aldo Montano, in mancanza di Spada uno sciabolatore a fine anno può sempre servire.

La Femme per eccellenza mi è sfuggita per un pelo, se non fosse per la carenza dei trasporti nel Ponente Ligure...quando mi sveglio, mi accorgo con dissappuntini puntini che è stato solo un sogno, rimango per un po' impietrito, sarà l'effetto Spada...poi tutto si ridimensiona, mi viene un altro tipo di languorino, ecco, sono pronto per il mio cenone di Capodanno a La Femme.

M50


L'informatore arrivò troppo tardi, o troppo presto; comunque sia nel momento sbagliato, anche se al posto giusto, ma parlò con la persona inopportuna. L'esito del suo esame (avrà verificato?) è stato negativo, apparentemente, perchè alla fine nessuno ne ha fatto un dramma, anche se a me è veramente spiaciuto. Mi  rassereno quando mi rendo conto che rimedio non serve, neppure omeopatico. Dovrò cambiare anch'io tatticca.

Superata la comprensibile arrabbiatura, Rolling ha levato dal piatto il vinile ormai danneggiato e ne ha messo su un altro, in grado di sopportare ogni tipo di logorio. Ha riacceso il gira dischi e ha cominciato a suonare tutta un'altra musica,  per nulla selettiva: quella che piace a tanti, perfino ai più perfidi direttori di banca.

Si fa così, se sai stare al mondo si fa così. Un pugno sulla scrivania, un bicchiere di gin, dopo di che si può cambiare idea e decidere che, una volta studiato, sperimentato e verificato, sarà il caso di seguire l'onda buona, non quella effimera o anomala.

Torno a distanza di più di un anno, e trovo questo biglietto da visita in tavola, messo lì perchè non si creino altri equivoci a luci basse, senza vergogna.

Parliamo di banchettisticha haute de gamme, quella che fa la fortuna di famiglie trois etoiles come  i Cerea per intenderci.  Qui raccontiamo di "soli" cento coperti serviti con ogni piatto caldo uscito a cadenza scandita di 20 minuti in 20 minuti. Accoglienza, guardaroba, tavolo, aperitivo, sardenaira calda, vino come tu lo vuoi.

Non c'è nessuno che gira a vuoto. La prima sardenaira arriva al tavolo appena ti appoggi alla sedia abbigliata in martingala bianca. Non fai a tempo a tarare la Nikon che un Kir compare nel flute. Frittelle, gnocco fritto in bianco e nero con lardo dalla vena rossa. E poi che la festa cominci, con vini comuni e musica semplice, finché ti pare, tanto "noi staremo qui fino alle sette del mattino annuncia il Dj ..." Per una volta non mi sono annoiato a Capodanno. Era già accaduto, ma perché quella volta ero io a servire gli altri.

Vabbè, anche prima delle sette, le tre può rappresentare una buona misura per ritrovare un king size matrimoniale. Diamoci semplicemente un appuntamento per il prossimo Capodanno a 80 euro, tutto compreso. tutto, anche l'effetto analgesico sui pensieri nefasti di un altro anno dove dover combattere chissà quale battaglia e chissà per quale motivo. Prendere volentieri un appuntamento lontano aiuta a restare in buona salute, fa bene al cervello, e non costa nulla.

gdf


Caldo freddo in coppa Martini di cardi al parmigiano e tartufo nero

Baccalaà mantecato con carciofi

Vitello al rosa, salsa tonnata, sedano e acciughe

Gambero in pasta kataifi, panissa di ceci liquida, cipollotto e aceto.

Risotto "Capodanno" : zucca, crema di formaggi d'alpeggio, nocciole tostate, timo e clementini

Tonno in crosta, verza, pomata di barbabietola rossa e fondo di maiale al cioccolato  amaro e speziato

Tenerissimo di maialino, la sua salsa al rosmarino e cimette amare saltate

Confortevole parfait ghiacciato di nocciole Piemonte, salsa al cioccolato e crumble

Panettone, pandoro, salame di cioccolato

Vuoi due fette di cotechino con lenticchie?

Si, grazie ...


L'amis en bouche

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Lungissimo da me giudicare i gusti personali

Se ti attira, prendilo, tanto è gratis

Le provocazioni vanno proposte, e andrebbero comunque offerte; e caso mai gradite

Un amuse bouche, o addirittura un amuse gueule, è impagabile

Perché se lo fai è per piacere e per far piacere

Almeno nelle intenzioni

Se no hai secondi fini

Se paghi, poi ...

La mise en bouche è un po' più impegnativa

L'amis en bouche ancor di più

Rispetto gli amis de bouche, de la bouche à l'oreille

Con loro, senza vergogna

Pagare per  farti piacere é diverso da regalare per donare piacere

gdf


Descrittivi

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Marco 50&50






Mi lascia, per dedicarsi al friulano, con l'Abate nero in versione rosé, che, fortunatamente, non è un prelato col vizietto ma una bella bolla affilata.






Il piccolo locale, arredato e ristrutturato armoniosamente, è ben gestito da Piero, in cucina, e da Licia in sala, quando il tempo lo permette, quindi, per quanto mi riguarda, nove dodicesimi all'anno, sarà possibile, uscendo dall'acqua dopo una nuotata, guardare se c'è ancora un tavolo libero per poter gustare ad un prezzo davvero onesto (sia secondo mercato che alla luce di quanto provato) una cucina per nulla banale, basata su ingredienti freschi ed arricchita dalla mano sicura di Piero che qui ad Ospedaletti ha marcato il territorio anche in qualità di maschio alfa, quello che non deve chiedere mai ma al quale dovrete chiedere, per lo meno, di poter assaggiare le stesse cose che ho degustato l'altro giorno con gran soddisfazione, ad esempio un crudo spettacolare anche per chi come me considera inarrivabile quello di cinta senese al coltello, così come, imperdibili, sono le frittelle di baccalà, perché si fa presto a friggere ma il risultato non è sempre lo stesso.





Oltre alle varie proposte asciutte tra le quali abbiamo pescato delle acciughe arricchite di burro e di spaghetti Gentile cotti "al chiodo" come piacciono a me, in carta c'è sempre una zuppa, ieri oltre a quella di farro (con fagioli di Pigna e topinambur) la cucina proponeva dei passatelli a me così cari, serviti in un brodo speziato con salsa di soia (forse, come dice Licia, un po' troppa), lemongrass e zenzero (forse, come dice Lucia, un po' poco) ma qualunque sia il limite ottimale dell'intensità del gusto del brodo, nulla da eccepire sull'idea e sulla realizzazione dei passatelli, che vedrei bene anche in versione asciutta (secondo le ultime tendenze romagnole) speziata ed arricchita ( pesce & carciofi ad esempio).

Acciughe ben pulite (quindi digeribilissime senza alcuna nota "amara") e fritte in pasta fillo, un assaggio, che assaggio non è di tonno tonnè e il numero zero dei ravioli di gamberi di Capodanno con crema di fave, pecorino e menta che, per incontrare appieno il mio gusto, avrebbero avuto bisogno di un ulteriore aiuto sapido.

La possibilità, che viene colta al volo, di poter degustare un rosso al calice mi aiuta ad affrontare la degustazione di formaggi.



Una bella presentazione e realizzazione sia per il tiramisù arricchito (marroni) che per i fichi caramellati e speziati in versione crumble  "democraticamente" ammorbiditi da Licia con una ganache di cioccolato bianco...e poi ancora cioccolatini piemontesi sopra media, un assaggio di torrone, l'offerta di una fetta di panettone, "come a casa" all'arrivo di un ospite, si offre il meglio.



Chi mi accompagna sembra di casa a "come a casa"quindi, inevitabilmente siamo stati "seguiti" al meglio e le mie parole devono necessariamente tenerne conto, ma, se tolgo la tara di un eventuale sovrappiù di gentilezze arrivate per interposta persona e da me godute in prima persona, al netto rimane comunque un'esperienza da incasellare tra le "degne di nota" sul mio diario privato e a questo punto pubblico.

Mi lascia, per dedicarsi al friulano, con l'Abate nero in versione rosé, che, fortunatamente, non è un prelato col vizietto ma una bella bolla affilata, gli lascio il friulano e i relativi descrittivi perché vorrei cercarne altri per Lei che è ambiziosa e democratica, essenziali, migliorarsi tenendo in considerazione il parere degli altri.

Ad onor del vero, oltre le gambe c'è di più, bypassando i buoni propositi impossibile non notare le note dolci (come quelli che prepara), il garbo, la classe, l'affabilità, vestite di un look sportivo ma ricercato e ben "accessoriato", malizia & femminilità ben dosate, tutto trasmesso inevitabilmente alla figlia dal sorriso aperto.

Licia è una donna di charme, la immagino...dalla bow window guarda distrattamente in giardino, a casa è vestita "come a casa" perché lei è così, avvicina alle guance la sua sciarpa di cachemire e ha solo il tempo di chiudere gli occhi che squilla il telefono...risponde e percepisce solo tre parole: kiss me Licia, che sia Piero...




M 50&50
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